Gregari sempre più forti e campioni spompati Ecco l'Euro globalizzato

Gli assi arrivano stanchi da coppe e campionati Invece gli outsider hanno imparato. E ora sognano

Europeo alla rovescia, almeno in base alle previsioni. Si fa un gran chiasso sul livello tecnico che si sarebbe appiattito per l'allargamento del format a 24 squadre. Poi scopri che le grandi faticano, le piccole crescono e chi fa parte della borghesia, come l'Italia, punta in alto facendo leva sul gruppo. Va male anche ai talenti, cioè a quei campioni che dovrebbero fare la differenza e ancora non ci riescono.

Al pari delle altre favorite al titolo, la Francia padrona di casa è a punteggio pieno, ma ha superato Romania e Albania a fil di sirena. L'Inghilterra, sempre vittoriosa nel girone di qualificazione, s'è fatta raggiungere dalla Russia e ha celebrato la vittoria sui gallesi, cugini di campagna, come si trattasse d'una finale. A sua volta la Germania non è riuscita a espugnare il fortino polacco. Per non parlare del talentuoso Belgio preso a sculacciate dagli azzurri di Conte. Convincente, invece, la Spagna. E pensare che i campioni uscenti avevano steccato in modo clamoroso le ultime due amichevoli. Meglio le cenerentole o presunte tali per risultato, gioco e soprattutto tattica: sfortunata l'Albania di De Biasi, sorprendente l'Irlanda del Nord, in ascesa l'Islanda. Sul campo ci sanno stare tutti. E per i più forti è dura infilare squadre che hanno imparato da noi italiani a chiudere ogni spazio e difendersi a oltranza.

La globalizzazione non è solo un aspetto macro-economico, incide anche nello sport. Ovunque ci sono calciatori esperti e smaliziati. A parte 7 eccezioni, i nazionali di Irlanda, Eire e Galles giocano nella Premier League inglese o al massimo nella Championship, la seconda divisione. Dei polacchi, solo 9 militano nel campionato nazionale. Gli islandesi sono tutti emigrati, e forse non potrebbe essere altrimenti. Scorri i convocati del Belgio e ti accorgi che appena in 4 partecipano alla Jupiler League. Perfino agli ordini di Conte ci sono 5 azzurri che non giocano più in Italia. In questa libera circolazione dei calciatori, spiccano le differenze di Russia, Ucraina, Repubblica Ceca e Turchia, che infatti vanno a 2 cilindri. E allora non stupiamoci di quanto stiamo vedendo. Se c'è un paradigma comune nel mondo, beh, è rappresentato dall'universalità del pallone.

Ma esiste un altro motivo se lo spettacolo è un optional e i campioni più attesi si fanno desiderare. Impossibile arrivare a Europei e Mondiali in condizioni smaglianti dopo aver disputato oltre 50 partite a testa. Pogba ne ha giocate 59, di cui 49 con il club e 10 in nazionale, Ibrahimovic addirittura 61 (51+10), Ronaldo 56 (48+8), Muller 57 (49+8), Rooney 49 (41+8). In cinque non hanno finora realizzato un solo gol. Del francese le cronache hanno parlato più del gesto dell'ombrello che delle sue giocate. Il portoghese, multato incredibilmente per un selfie di troppo con un fan, ha calciato 20 volte in porta senza mai far centro, almeno ci ha provato. Il suo compare svedese non c'è riuscito neanche una volta. Quanto a Rooney e Muller, sarebbe bene che giocassero più vicini alla porta. Ma la morale è un'altra. O le leghe riducono il format di campionati e coppe, o il copione non cambia.

E ancora.

L'allargamento delle squadre finaliste, voluto da Platini, ha forse ridotto i valori tecnici ma, con la qualificazione agli ottavi di quattro squadre arrivate al terzo posto, ha reso più interessante gli incontri della terza giornata e impedito i biscotti di scandinava memoria. Ma non dimentichiamo la grande truffa del Mundial 1982 con l'Austria che regalò la vittoria ai tedeschi. Del genere: tutto il mondo è paese.

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