
Fresca come un sorbetto alla menta sotto al sole di una torrida estate, seducente come Venere intenta a uscire dall'acqua nel capolavoro del Botticelli. Un preambolo che difficilmente potrebbe accostarsi a un'autovettura, eppure, questo è ciò che si può riferire senza indugio a una sportiva compatta, rigorosamente a cielo aperto, che iniziò la sua fortunata produzione precisamente trent'anni fa: la Fiat Barchetta.
Non erano tempi di vacche grasse a Torino, tuttavia, non mancavano le idee e le capacità di sorprendere il pubblico con qualcosa di originale. Sebbene le spider non fossero più nei pensieri dei vertici aziendali da una vita, così come danzare con il vento tra i capelli era ormai una tipologia di emozione da relegare al passato a favore di un presente maggiormente pragmatico, in sordina e senza tanto clamore qualcuno pensò bene di rinverdire i fasti di una bella tradizione. In disparte e in un segreto quasi religioso, a mo' di carbonaro, nacque il progetto che avrebbe generato la nascita della Barchetta. Quest'ultimo, strada facendo, acquisì sempre più forza e vigore, a tal punto che si materializzò una competizione interna che culminò con un duello fra due progettisti: da una parte Andreas Zapatinas e dall'altra Chris Bangle.

Le penne più affilate del Centro Stile Fiat si contesero la paternità della spider torinese con alcuni prototipi chiamati come delle pizze: "Marinara", "Bismarck" e "Atomica" per il greco, "Diavola" per l'americano. A spuntarla fu la prima, mentre l'ultima ebbe la "consolazione" di gettare le basi per la mitica Coupé. Zapatinas vinse perché da un foglio bianco partorì una macchina classica, con linee morbide e dolci, ed evidenti richiami al passato. Partendo dal telaio della Punto nasceva, così, un'auto che aveva tanta voglia di essere sospinta da una brezza marittima.
Il nome, poi, rivelava la sua anima: due posti secchi con carenatura dietro ai sedili, assenza dei deflettori e parabrezza dalle dimensioni ridotte. La capote, infine, veniva custodita dietro un lamierato che si alzava e riabbassava, a testimonianza di un'impostazione da barchetta. Ad aumentare il fascino ci pensava la Carrozzeria Maggiora di Moncalieri, che si occupava degli assemblaggi. Proprio come negli anni del boom, i grandi artigiani tornarono protagonisti con una macchina destinata a chi sapeva apprezzare il lavoro manuale. Sul mercato si presentava con un motore benzina aspirato da 1.8 litri e 130 CV, che sapeva ruggire e irradiare belle vibrazioni al cuore di chi sedeva al volante.
La Barchetta ebbe un restyling nel 2003 e terminò la sua produzione due anni dopo, con 60.000 unità realizzate in dieci anni.
Ancora oggi sono tantissimi i suoi appassionati, i quali quando un singolo raggio di sole compare all'orizzonte procedono in fretta a scoperchiare il tetto e si mettono a ballare tra le curve con un bel sorriso sul volto.