Il quinto derby di fila chiuso allo stesso modo non è un caso e nemmeno solo statistica, piuttosto la logica conseguenza di due differenti modi di amministrare i club. L'Inter fa i debiti per provare a vincere, il Milan prima pensa ai conti e poi al campo. E nessuna delle due strade è semplice da risalire. Poi ci sono i giocatori e chi li allena, ma tutto parte dall'alto. Quando Maldini ha detto che Pioli non andava bene, Cardinale ha esonerato lui, non l'allenatore. E rifatto la squadra col moneyball e non con un tecnico, che però si è scordato di attacco e difesa.
Non deve essere facile, non lo è, fare mercato senza soldi. Bisogna essere bravi e fortunati. Prima vendere e solo dopo comperare. L'Inter con la mano destra aspettava di incassare dalla cessione di Onana, con la sinistra non poteva spendere per il sostituto designato Vicario, seguito per 6 mesi e in 2 giorni finito a Londra. Così, alla fine Inzaghi si è dovuto accontentare di Sommer, che Marotta ha potuto dargli solo a 10 giorni dal campionato, trattando fino all'ultimo per non spendere per intero i 6 milioni che chiedeva il Bayern.
La necessità stimola l'ingegno e così nasce la caccia ai parametri zero. Prima Calhanoglu, poi Onana e Mkhitaryan, adesso Thuram. Stipendi alti e contratti lunghi: se sbagli il colpo è un autogol, ma se l'azzecchi è un mezzo bingo. E poi gl'innesti a basso costo come Darmian e Acerbi, prestiti diventati colonne titolari per pochi milioni. Il rientro di Dimarco che diventa il più bravo di tutti. I soldi, quelli veri, risparmiati per pochi acquisti, non sempre azzeccati, anzi. Da Correa a Gosens, una sessantina di milioni spesi male, mentre quest'anno la musica sembra quella giusta: a Frattesi aveva pensato anche il Milan, ma lui ha scelto l'Inter, mentre al campione del mondo Pavard, che voleva Milano, ha puntato solo l'Inter. Il moneyball rossonero non l'ha evidentemente ritenuto un affare. Meglio Pellegrino, che è costato un decimo e magari fra 3 anni si rivende meglio. Oggi però gioca il 34enne e a fine corsa Kjaer.
Del resto, l'Inter ha i debiti (800 milioni, di cui quasi 400 in scadenza a maggio del prossimo anno) e non solo non ripiana, anzi ogni anno ne accumula un po' di più. Presto si conoscerà il dato esatto dell'esercizio chiuso al 30 giugno, ma le stime parlano di almeno 80/90 milioni di passivo, nonostante gl'incassi e i premi extra della Champions. Qui di certo, lo scudetto per commercialisti è già del Milan, che dal -195 milioni della gestione 2019-20, quest'anno passa in attivo, prima volta dal 2006. Zhang sui conti come un equilibrista sul filo, aspettando un sì per lo stadio e la possibilità di vendere al meglio, che sennò a maggio prossimo Oaktree gli sfila l'Inter di tasca, proprio come Elliott ha fatto con Yonghong Li.
Lo stesso ultimo mercato del Milan è fatto di investimenti prima che di rinforzi. Giocatori sostanzialmente giovani, tutti o quasi in scadenza fra un anno, quindi cari ma non carissimi, da prendere con ingaggi alti, ma non altissimi. Se anche solo 1 su 2 è azzeccato, il prossimo player trading è garantito. Tonali insegna.
A Pavard il Milan non ha pensato, ma a Lukaku sì, salvo sfilarsi proprio perché sgradito all'algoritmo: troppo vecchio e troppo caro, che servisse per vincere le partite, e magari proprio i derby, evidentemente non importava abbastanza.
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