«Che mi piaccia il Milan non è un gran segreto». Firmato Zlatan Ibrahimovic, uno al quale le sfide procurano soltanto straordinarie motivazioni. Lo svedesone «venuto da un altro pianeta» è sua la definizione - è uscito allo scoperto, finalmente, dopo mezze frasi e qualche telefonata privata (ultima quella fatta ad Adriano Galliani per ringraziarlo del giudizio positivo dato alla trattativa) che hanno scandito la marcia d'avvicinamento da Los Angeles a Milanello. «C'è interesse per un eventuale ritorno» ha aggiunto nell'intervista concessa al settimanale Vanity Fair che è poi la frase-civetta attesa da settimane dal popolo dei tifosi e considerata a casa Milan come il via libera alla definizione degli accordi (2,7 milioni per i prossimi mesi con possibilità di riconferma dell'intesa per la stagione successiva) discussi in questi giorni da Leonardo e Mino Raiola. «Non dico no ma neanche sì, vedremo» è lo stato dell'arte del negoziato in attesa che l'Uefa notifichi il provvedimento per il club tornato a Nyon dopo aver vinto il round con il Tas e cancellato l'eliminazione traumatica dall'Europa league conquistata sul campo. Ibrahimovic non ha mai smesso di considerare il Milan la sua piccola patria calcistica e Milano la città ideale dove far crescere i due biondissimi figli ammessi al prato di San Siro durante la celebrazione dello scudetto vinto con Allegri col quale litigò in modo feroce al ritorno da un viaggio Champions a Londra con l'Arsenal. «Mi hanno trattato benissimo, io venivo dalla tristezza di Barcellona e mi hanno restituito il sorriso» il riconoscimento più importante del passato rossonero che va a braccetto con l'altra confessione dello stesso Galliani («il trasferimento di Ibra è stato l'affare più complicato e difficile della mia carriera dopo quello di Rijkaard»).
«Volevo sdebitarmi» ha aggiunto Zlatan che è tipo sveglio così da riconoscere al volo le condizioni ideali per esprimere al meglio le proprie virtù e anche il temperamento da guerriero che tutti gli riconoscono. A cominciare da Gattuso, uno dei sodali con i quali filava d'amore e d'accordo. «Un grande giocatore, un grande tecnico e vedo che tutti i suoi calciatori gli vogliono bene... Abbiamo vinto, sono diventato capo-cannoniere, ho avuto la fortuna di giocare con la vecchia guardia» il riferimento a quel gruppo pieno di allori e di trofei, da Seedorf a Pirlo. «Il club è ottimo, c'era un'atmosfera fantastica, ho vissuto due anni molto belli» il resto dell'album di famiglia sfogliato nell'occasione a dimostrazione che il Milan e Milano gli sono rimasti nel cuore. Impossibile dimenticare che il suo trasferimento al PSG avvenne per esclusiva decisione di Fininvest, interessata a colmare con la doppia cessione (Ibra più Thiago Silva) il disavanzo di bilancio. «Anche a Los Angeles sto bene» l'avvertimento finale che è una sorta di zuccherino assicurato agli attuali datori di lavoro che l'hanno accolto dopo l'intervento al ginocchio.
Chissà, con la prova di un tale attaccamento morboso al Milan, Ibra potrebbe anche guarire dalla malinconia Higuain uscito ieri pomeriggio dal ricorso disciplinare con una smorfia di delusione. È stato respinto il suo tentativo di ridurre a una giornata la squalifica: dovrà stare fuori anche contro il Parma accentuando i disagi e i tormenti del Milan attuale.
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