Rieccoli. Sono loro che infiammano il prima di Roma-Milan altro snodo di una stagione tutta da vivere e da decifrare. I rieccoli di questa domenica sono Mou, lo special one de Roma, e Ibra, il gigante di Milanello finalmente restituito a una settimana di sano allenamento senza il tormento del tallone d'Achille. Sono le due facce dei rispettivi club e hanno alle spalle una felice convivenza a Manchester premiata dal successo in Europa league al quale Zlatan arrivò sulle stampelle per l'intervento al ginocchio. Mourinho si lamenta solo dell'ambiente romanista di Roma («non protegge come altrove» spiega sornione), Ibra non dice una parola sapendo che quel volpone deve aver studiato qualcosa per metterlo sotto pressione. E d'altro canto Pioli ha già deciso nella sua testa la staffetta che sembra preparata per tutta la settimana, la più impegnativa di tutte. «Ibra e Giroud stanno meglio, uno gioca, l'altro gli darà il cambio» la spiegazione didascalica del tecnico rossonero guida alla scelta di fondo dinanzi ai due ostacoli di altezza tricolore, stasera la Roma e domenica prossima l'Inter.
Nell'intermezzo il Porto che può diventare il passo d'addio al girone di Champions in caso di mancato successo. Da Ibra dipendono i destini attuali e futuri del Milan capolista, da Mou le risorse per puntare al quarto posto. Se lo svedese regge, si trascina dietro un gruppo che può recuperare all'Olimpico la gioventù elettrica di Diaz e di Theo Hernandez mentre l'unico dubbio riguarda il centrocampo (tre candidati fissi - Kessiè, Tonali e Bennacer - per due maglie da titolare). Se Ibra si dovesse concedere altre pause, come avvenne già nel torneo precedente, allora il gruppo sarebbe sotto stress per trovare le energie e i gol che mancherebbero all'appello.
D'altro canto la Roma, specie in casa, può spaventare il diavolo. «Non ha mai perso e ha fermato il Napoli» la descrizione di Pioli che tace dell'altra specialità della casa, e cioè le punizioni con i gol spesso decisivi, ultimo quello di capitan Pellegrini a Cagliari. «Dobbiamo essere molto puliti nelle giocate e lucidi» la raccomandazione finale prima di passare alla chiosa divertita sull'ultima dichiarazione di Leonardo, ds del Psg, passato venerdì sera da Milano (a cena con Zanetti e le rispettive mogli) e disposto a giurare che «non abbiamo mai contattato Kessiè né Theo Hernandez».
Alla domanda del cronista («Scusi Pioli, ma lei crede alle parole di Leonardo?»), la risposta del tecnico è un sorriso malizioso e una frase di questo tipo: «Noi siamo abituati a isolarci, io vedo che i nostri due sono molto disponibili e inseriti nel gruppo» FOrd
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