I l prossimo scudetto non verrà assegnato. Non lo ha deciso un giudice sportivo, nemmeno la corte federale, potrebbe forse farlo un magistrato, per cercare fama e cambiare carriera. Lo hanno deciso gli allenatori di serie A, riuniti tutti davanti a un microfono o ai cronisti dotati di Ipad o antichi quaderni e taccuini: nessuno, davvero nessuno, annuncia di poter vincere il campionato, non ne vuole parlare, rinvia il discorso, dirotta il pronostico sulla concorrente o avversaria: tutte «brave, in grado di poterci battere, un buon gruppo, veloce, compatto, più avanti di noi nella preparazione, dovremo stare molto attenti, noi siamo lì ma la Juve, ma la Roma, ma l'Inter, ma...». Poi finisce 5 a 0, oppure l'arbitro garantisce l'aiutino e, allora, nel dopo partita le parole (non il pensiero) della vigilia, viene ribaltato: «Abbiamo dominato ma certi episodi, loro hanno tirato una volta sola in porta…».
Una comitiva di Pinocchi, bugiardi per necessità, convenienza, giocano a nascondino ma sono facilmente smascherabili. Mancini, dopo essere passato da Harrod's dice di non avere ancora il carrello con tutta la merce richiesta; Allegri si è chiamato fuori da solo con un paio di fallimenti iniziali però il "dna" (ma sanno che cosa significhi davvero?); Garcia, dopo aver fatto il bullo per un anno, l'ultimo, ha scelto adesso di recitare da deamicisiano Garrone; Ventura, che non vive di autostima come i suoi sodali, ride quando gli parlano di Toro tricolore; Sarri vorrebbe smentire Maradona, Benitez e Mazzarri vincendo quello che riuscì a Bianchi, Bigon e al succitato Diego Armando, mentre al Milan non se ne parla, Mihajlovic nemmeno sotto tortura, pur avendo in casa tre tipetti in attacco che potrebbero smazzare il pronostico. Nominare quel distintivo tricolore porterebbe sfiga, nonostante il football sia diventato una scienza, tra computer e occhio di falco.
Totale: la parolina "scudetto" appare nella canicola estiva e scompare al primo ingiallire di foglie, l'autunno porta malinconie, poi, a primavera torneranno i calori ma anche in quella stagione si giocherà con il burqa, così continuando fino all'ultimo passaggio, all'ultima punizione, all'ultimo calcio d'angolo, al fischio finale.
E allora, lo giuro, l'allenatore bugiardo dirà: «Lo avevo capito subito, sin dalle prime giornate, la squadra ci ha creduto, i ragazzi hanno dato il massimo, la società ci è stata vicina, i tifosi di più. Potevo chiedere altro?». Noi, sì: la sincerità.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.