Il problema principe del Milan attuale, che viaggia con le gomme sgonfie a pochi giorni dalla sosta mondiale, è il Napoli. E i suoi ritmi insostenibili fin qui che fanno immaginare una conclusione record della stagione tipo la Juve di Antonio Conte con i suoi 100 e passa punti di qualche anno fa. Questo per spiegare al volo gli 8 punti in meno dei campioni d'Italia rispetto a Spalletti, distacco che ha creato una voragine e dato fiato alle critiche oltre che speranze alle inseguitrici della zona Champions. Per decifrare invece le cause strutturali che possono spiegare il rallentamento rossonero al cospetto di rivali di non grandissimo spessore basterebbe incrociare i dati calcistici registrati già con Empoli, Verona e Spezia oltre che con la Cremonese con quelli della passata stagione. Stessa resa, stessi problemi: non può essere solo una coincidenza. Accadde anche un campionato fa tanto è vero che la contabilità attuale della classifica recita un meno 2 non certamente catastrofico.
Allora bisogna puntare sulle cause di questo scadimento complessivo che è prima fisico oltre che tecnico. Al primo posto c'è il numero industriale di infortuni di lunga durata (Maignan, Ibrahimovic, Saelemaekers, Florenzi, Calabria, Dest) seguito dalla conseguenza pratica: per sopperire alle assenze, Pioli ha dovuto «spolpare» altri esponenti del gruppo (tipo Leao) che sono arrivati a fine corsa senza più benzina.
A questo deficit avrebbe dovuto sopperire il mercato estivo puntato su 3 ragazzi arrivati l'ultimo giorno (Dest, Vranckx, Thiaw) più Adli, Pobega e i due belgi. E qui cominciano le dolenti note. Perché Kessiè e Romagnoli non sono stati sostituiti e in cambio sono arrivati il celebrato (prima del tempo) CDK e Origi sul quale Pioli stesso aveva puntato per riparare alla prolungata preparazione post-operatoria di Ibrahimovic. In partite, complicate, come quella di Cremona la giocata decisiva di un solista avrebbe potuto schiodare la 0 a 0.
Qui sono venuti meno i titolari del talento necessario. De Ketelaere, che tutti aspettano con fiducia sempre più ridotta, è indecifrabile non sul piano tecnico ma nei gesti e nell'atteggiamento. Ogni volta che subentra, in qualsiasi condizione di risultato, sembra che debba attraversare una selva oscura. Non ha una bussola e continua a osservare la panchina per ricevere qualche dritta. La sosta mondiale può giovargli, forse. A gennaio sarà indispensabile recuperare il suo talento oltre a quello di Ibra.
È di ieri la conferma che l'ad Ivan Gazidis lascerà il Milan il prossimo 5 dicembre. Dopo quattro anni e uno scudetto: «Devo moltissimo a questo Club, alla sua gente, ai suoi tifosi e a questa città, che sono convinto mi abbiano letteralmente salvato la vita».
Ricambiato così dal presidente Scaroni: «Vorrei ringraziare di cuore Ivan per la sua passione e dedizione, ma soprattutto per il significativo contributo che ha dato al nostro Club». Tra i papabili a raccogliere l'eredità del manager sudafricano, c'è Giorgio Furlani, manager di Elliott e nel consiglio di amministrazione rossonero fin dal 2018.
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