Scusate il solito ritardo. Nel bel mezzo dell'edizione estiva del calcio-mercato (chiusura prevista il 1 settembre prossimo, ndr), il presidente della Lega di serie A Lorenzo Casini ha presentato la proposta - accolta dal consiglio federale di lunedì scorso - di equiparare lo status di calciatori di cittadinanza britannica, appena trasferiti nel campionato italiano, in comunitari con applicazione delle quote per i nuovi ingressi della legge Bossi-Fini. Può sembrare un provvedimento politicamente corretto e in effetti pone fine a una distinzione molto singolare in materia di sport ma offre l'occasione per un paio di riflessioni inevitabili. La prima, e forse la più importante, riguarda i tempi della richiesta e della successiva approvazione. Si può scoprire a stagione tecnicamente iniziata il 1 luglio, e a mercato aperto dalla bellezza di quasi un mese, che c'è bisogno di una tale modifica? La risposta è scontata: assolutamente no. La verità è che alcuni club interessati hanno scoperto sul campo, durante le trattative in corso, il collo di bottiglia del tesseramento di calciatori extra-comunitari, e hanno provato a porvi rimedio liberando così una casella. L'unico calciatore fin qui tesserato e che si gioverà della mini riforma è l'inglese del Milan Loftus-Cheek. I precedenti non rientreranno perché la norma non può essere retroattiva. Altri club stanno per concludere identiche operazioni (la Lazio con Hudson-Odoi del Chelsea già allenato da Sarri a Londra) e potranno così avvalersi della nuova regolamentazione.
Da oggi potranno usufruirne tutti gli altri club ma il metodo è sempre lo stesso: ci si accorge di un tappo regolamentare e si interviene modificando la norma. A stagione in corso, poi, violando cioè un principio elementare. È la conferma che il nostro calcio continua a navigare a vista, senza una visione e nemmeno uno studio delle esigenze elementari del calcio-mercato.
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