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"Inter, occhio alla Juve, sei bella ma lenta. La curva m'ha fatto male"

La bandiera nerazzurra Sandro Mazzola compie 80 anni. Debuttò proprio in un derby d'Italia. E segnò

"Inter, occhio alla Juve, sei bella ma lenta. La curva m'ha fatto male"

Vive a Monza da più di mezzo secolo, ma assicura di parlare ancora il dialetto milanese. Forse perché, secondo lui, in Brianza sono più casciavitt che bauscia, che alle quotazioni dello Zingarelli significa più milanisti che interisti. Se non altro nella predisposizione a badare al guadagno, senza distrazioni, ebbe a dire qualche tempo fa. Lui, Sandro Mazzola, volente o nolente è un brianzolo di Milano. Vive a due passi non metaforici dal Parco di Monza e dall'autodromo, è cresciuto nella piazza centrale del capoluogo brianteo, al piano di sotto di un certo Giuseppe Meazza. Un solo soffitto per dividere la massima raffinatezza del calcio italiano. In nerazzurro, per Mazzola 417 presenze: 51 in più del Peppin, che però di gol ne fece 128 in più e il Sandrino lo allenò pure. «In carriera ho giocato anche contro Cruijff, ma uno che calciasse come Meazza non l'ho visto mai». Meazza, a Monza ci morì, in via Sirtori. A Milano, invece, vogliono buttare giù lo stadio che porta il suo nome. Mazzola, 80 anni mercoledì, ha l'età giusta per non farsi problemi a mandarle a dire.

Mazzola, sì o no all'abbattimento del Meazza?

«Quel che è sbagliato è il ragionamento. Se dimentichiamo i grandi campioni, quelli che hanno fatto la storia e hanno trasmesso una passione ai giovani, dove stiamo andando? Comunque, fosse per me lo stadio attuale lo terrei».

Ma se uno stadio nuovo fosse intitolato a Meazza, si potrebbe trovare il compromesso?

«No, è la struttura in sé che è da salvaguardare. Si tratta di un esempio, di un simbolo. Quando sei giovane e vai allo stadio, parcheggi la macchina e vedi venirti incontro la sagoma di quello stadio. Una sensazione che ti fa venire il cuore in gola, il Meazza è così».

Il tema del calcio dei giovani le è sempre stato caro. Anni fa sottolineò il valore calcistico di un suo nipote: Valentino, come il nonno. È davvero il nuovo talento di casa Mazzola?

«Meglio non parlarne, non vorrei mettergli pressione».

In Italia non alleviamo i talenti. È uno dei capi di imputazione per la mancata qualificazione ai Mondiali di calcio. Più grave questa o la precedente, ai tempi di Ventura ct?

«Questa volta è più grave. Non fosse altro per il fatto che avevamo davanti agli occhi l'esempio della precedente esperienza. Bisognava organizzarsi per tempo per evitare che risuccedesse».

Colpa anche di Mancini?

«Nel computo di tutto, ci sta che qualche responsabilità possa essere anche sua. Ma non mi sento di condannarlo».

Dopo lo sconcerto per il mancato Mondiale, qualcosa di concreto è stato fatto?

«Non c'è nulla che mi faccia dire stiamo andando avanti».

Quali i passi da compiere?

«La cosa più importante sono i settori giovanili. Servono allenatori che sappiano allenare la tecnica. Ma, al tempo stesso, anche persone che sappiano prenderti metaforicamente per i capelli. Rimproverarti e poi dirti bravo. Perché serve innamorarsi del gioco, del calcio».

Analogia di moduli, impostazioni e preparazioni atletiche: i settori giovanili dialogano a sufficienza con le prime squadre?

«Sì, dialogano. Ma non a sufficienza. Il fatto è che da noi, in Italia, è sempre stato così. Quante volte è successo che un ragazzino valido fosse aggregato alla prima squadra ma poi sia finito a fare panchina? Ecco, niente di più facile per demoralizzare un giovane, con il rischio poi che smetta anche di giocare».

Lei, da ragazzino, debuttò in prima squadra in Inter-Juve. Finì 9-1 per i bianconeri, Angelo Moratti mandò in campo il vivaio per protesta e lei segnò pure, dopo avere sostenuto in mattinata tre interrogazioni a ragioneria. Ricordi di quella partita?

«Più che altro ricordo la vigilia, perché non dormii tutta la notte. Continuavo a girarmi e rigirarmi nel letto. Mi alzavo, andavo in bagno, tornavo a letto. Un dormiveglia».

Per il compleanno da cifra tonda, le tocca un nuovo Juve-Inter, domani sera...

«Sì, cifra tonda. Ma non sono 100... (ride)».

Giusto. Ma cosa si aspetta da questa partita? Che pregi e che difetti delle due squadre?

«Della Juve, sono tutti difetti».

Prego?

«Sto scherzando. È una squadra forte. E credo che saranno belli tosti, il ritiro è servito».

E l'Inter?

«Mi piace. Ma occorrerebbe mettere a posto qualcosa sugli esterni. Forse con qualcuno di più veloce».

Durante la partita con la Samp la curva si è svuotata. Che idea si è fatto?

«Mi ha fatto male, mi è mancato il fiato. Ai miei tempi il tifo organizzato non aveva questo potere».

Ci si avvicina alla lunga sosta per il Mondiale. Quanto inciderà sullo scudetto? Prevede qualche sorpresa?

«Se ci si allena e ci si impegna, i valori non cambiano. Non credo possano succedere particolari stravolgimenti nelle gerarchie».

C'è qualcuno in particolare che gioca un calcio che le piace?

«C'è. Ma non dico chi sia».

Ha ribadito quanto le stiano a cuore coloro che puntano sui giovani. Che descrizione le piacerebbe sentire di Sandro Mazzola, da un ragazzo di oggi?

«Che era un giocatore che dribblava bene, che dribblava tutti. Il calcio mi ha dato tutto.

E io non ho rimpianti».

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