Caro Ancelotti, possiamo parlare di
«Non di Milan, per carità. Non ho nessuna voglia di parlarne. Sabato sera ero libero e mi sono volentieri messo davanti alla tv per guardare la partita con l'Atalanta. Alla fine ho trovato la scena conclusiva molto triste. A volte mi metto nei panni dei tifosi del Milan che hanno vissuto le altre stagioni rossonere e conosciuto le serate con le volate di Cafu, gli interventi di Stam e Nesta e immagino il loro stato d'animo. Ecco la mia conclusione è la seguente: meglio non parlarne».
Veramente volevamo parlare di Champions che è alle porte visto che lei è uno di quelli che l'ha molto frequentata e anche vinta di recente
«Lo scenario che si presenta sotto i nostri occhi è molto semplice: abbiamo lasciato una Champions dominata, nel pronostico, da Barcellona e Real Madrid, e torniamo nel torneo con le stesse protagoniste. Anche se qualcosa è cambiato e non si tratta di dettagli insignificanti».
Cosa è cambiato?
«Partiamo dal Barcellona: tutti puntano l'attenzione sul cambio di allenatore, Guardiola che si è fatto da parte rimpiazzato dal suo assistente Vilanova. E invece secondo me c'è dell'altro. Ho come l'impressione che dopo aver dominato per tanto tempo con il club e con la nazionale spagnola non ci siano più nel gruppo squadra le motivazioni feroci di qualche anno prima. Stesso procedimento psicologico nei confronti del Real Madrid: è partito lento nella Liga ma non sembra più la macchina perfetta ammirata nella stagione precedente».
Allora sta scaldando i motori il suo Paris Saint Germain?
«No, noi siamo ancora un punto interrogativo. È troppo presto per decifrare il presente. Dobbiamo capire come si comporterà la squadra che ha molti esordienti in Europa al fianco di altri, come i due Thiago, Maxwell, Alex e Ibra, che hanno la Champions nel loro dna. C'è l'insidia del debutto insomma. E non dimentico, avendone avuto contatto diretto, che la tradizione e la storia hanno il loro peso nel risultato finale».
A Parigi sono diventati matti per Verratti
«Piano, signori, piano. È solo un ragazzo, e poi alle prime partite. D'accordo ha fatto bene, anzi benissimo, ha incantato la platea e i critici, ma è presto per una serenata di violini».
Le polemiche sulle grandi spese del PSG possono destabilizzare l'ambiente?
«Assolutamente no. Anche perché non sono soldi buttati dal balcone ma investiti secondo un piano industriale preciso. E questo piano è stato illustrato anche all'Uefa».
Allora: in prima fila Barcellona e Real Madrid. E poi?
«Manchester City e Borussia Dortmund. Che sono capitati nello stesso girone insieme con il Real Madrid. Quindi una delle tre grandi resterà fuori a dicembre. E sono proprio curioso di vedere come va a finire. Infine aggiungerei le squadre russe che hanno compiuto grandi progressi. Capello, che è appena sbarcato in quel calcio, ha parlato benissimo dello Zenit: a Milanello stiano con gli occhi aperti».
A proposito di ex milanisti: come va con Ibra? È così complicato gestirlo come sostengono a Milanello?
«Io e Ibra parliamo spesso e devo dire che lo svedese comincia proprio a piacermi per il suo temperamento. Intanto è un professionista serio, motivato, concentrato. Poi l'ho trovato molto interessato anche alla storia e al costume di Parigi. Vedrete che fileremo d'accordo».
Proviamo ad eleggere in anticipo le stelle del torneo
«Per non sbagliare io comincio con Messi e finisco con Cristiano Ronaldo».
Nella recente riunione di Nyon, estesa a tutti i tecnici che partecipano alla Champions, di cosa avete discusso?
«Abbiamo fatto un paio di valutazioni semplici semplici. E cioè che nelle ultime quattro edizioni, due sono state vinte e dominate dal Barcellona, le altre due dominate per qualche tratto dal Barcellona ma poi vinte da Inter e Chelsea che hanno giocato in contropiede».
La morale di questa statistica come si traduce?
«Che per battere il Barcellona devi giocare in contropiede».
Altre discussioni interessanti?
«Abbiamo tutti preso atto della bontà dell'esperimento dei cinque arbitri che ha di fatto migliorato la vita stessa ai fischietti ed evitato alcuni clamorosi errori. Anche in Italia la riforma è passata con risvolti positivi».
Di chi è invece la trovata della panchina lunga?
«Di qualcuno che ha a cuore la carriera e la salute degli allenatori. Di sicuro ha reso meno complicato il nostro lavoro».
Lo sa che Inzaghi continua a ripetere che lei, Ancelotti, è l'unico a cui chiede consigli, trascurando, volutamente, Allegri?
«Anche domenica mattina alle 9 ci siamo sentiti al telefono. Lui doveva giocare a Verona (poi ha vinto 1 a 0 con la squadra allievi, ndr), era teso e preoccupato.
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