Vogliono rifare il Milan. Sembra facile ed è invece impresa titanica se si pensa alla sua ultima perfomance, ottavo posto, niente più Champions league, un allenatore semi-debuttante e un mercato al risparmio, senza i lussi dei petrodollari. Hanno l'ambizione di rifare il grande Milan e sono già riusciti a incassare il primo risultato inatteso: l'amore del popolo rossonero. Per il raduno, in processione, sono arrivati in tremila nella piazza del Portello per testimoniare l'amore alla bandiera, e la fiducia nel nuovo corso. «Siamo rimasti stregati dall'accoglienza, vogliamo riportare i tifosi a San Siro» hanno confessato a più riprese Adriano Galliani e Pippo Inzaghi, Barbara Berlusconi, in casacca rossonera, si è lasciata contagiare dal clima risucchiata dai tifosi che hanno chiesto e preteso selfie, autografi, strette di mano. Ingoiati dai vari stand degli sponsor anche i giocatori, i nuovi in particolari che hanno reso omaggio all'organizzazione da kermesse americana: Agazzi e Alex, per esempio, si son messi dietro il bancone del bar per servire caffè e acqua minerale ai tifosi. Ecco allora il primo gol realizzato ieri dal nuovo Milan, riunito sotto le insegne della sede prestigiosa e accogliente: l'entusiasmo popolare. Che è stato spontaneo, contagioso fino a dettare l'impressione che la squadra fosse reduce da una stagione esaltante invece che da mal di pancia, contestazioni, divisioni pericolose e risultati deludenti. È un Milan di sicuro unito in un solo fazzoletto, come ai bei tempi andati di Arrigo e Capello, di Ancelotti. «Pippo è l'uomo giusto al posto giusto», la presentazione semplice e suggestiva di Adriano Galliani. Seguita dal saluto di lady B che l'ha definito «un gran fidelizzatore».
E lui, Inzaghi, seguito in conferenza anche da papà Giancarlo, non ha promesso miracoli nè sensazionali conquiste. Ha chiesto semplicemente: «Dobbiamo ricreare il dna del Milan». Cioè recuperare lo spirito che ha fatto di questo club un esempio per tanti, in giro per il mondo, con i 28 trofei in 28 anni. «Il sogno per tutti è allenare il Real Madrid, il mio è allenare il Milan»: così si è presentato dopo il bagno di folla e l'abbraccio affettuoso degli ultrà che hanno pubblicato uno striscione di ammonimento («un anno di rabbia») e un comunicato polemico sul mercato fin qui effettuato. Pochi i concetti esibiti, tutti molto diretti e dotati di una carica straordinaria. «Chi non lotta non può giocare nel Milan», il primo. «Sono disposto a perdonare un gol sbagliato non un comportamento sbagliato», il secondo. «Dobbiamo essere assatanati di successo come è capitato al mio Milan di Manchester e Atene», il terzo. «Partiranno tutti da zero e io farò giocare chi mi dimostrerà di dare il massimo», il quarto. Sono i suoi comandamenti seguiti da raccomandazioni per l'uso del Milan: «Una giusta alimentazione, una vita da professionisti». Rappresentano la traduzione calcistica del «lacrime e sangue» di storica memoria.
Pippo non ha esibito un modello, ma l'ispirazione è evidente, Carlo Ancelotti, il tecnico che è stato rispettato e si è fatto amare dai suoi, condizione assai diversa da quella di Seedorf. Nessuno schema, nessuna lezione di calcio ma anche qui un riferimento puntuale. «Prima di parlare del sistema di gioco, dovremo tornare a essere un gruppo unito, coeso, come ho visto nell'Atletico di Simeone» il paragone che qui ha fatto scuola. Seguito da quello tecnico con la Costa Rica. «Credo nei giovani ma bisogna avere pazienza con loro», la chiosa.
La spina può essere Balotelli, se non dovesse cogliere il senso evidente del cambiamento avvenuto a Milanello. «Gli ho fatto coraggio dopo il mondiale, e lui ha chiesto un preparatore per lavorare 7 giorni prima del suo arrivo», la notizia passata. Mario non avrà sconti né trattamenti speciali. «È un patrimonio del Milan e del calcio italiano, deve unire al talento la disciplina», il precetto. Il resto è nelle mani, esperte, di Adriano Galliani che ha svelato la passione calcistica di Pippo(«Diventa pazzo quando vede giocare la Germania»): fatta per Rami, Essien e Niang restano per ora.
E nella caccia al grande nome il più gettonato è Erik Lamela. Una stoccata a Prandelli («con Mario non è stato elegantissimo») l'unica nota polemica perché sul tema politico i due ad hanno sorvolato con grande abilità. In nome del vecchio Milan da riportare in vita.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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