"Io e il ciclismo italiano pronti a tornare grandi"

L'ultimo nostro vincitore di una classica spiega la Sanremo e la stagione: "Oggi tenete d'occhio Ulissi. Siamo in crisi, come in altri settori, ma la ruota gira"

"Io e il ciclismo italiano pronti a tornare grandi"

Non corre la Sanremo, la vedrà come molti appassionati in tivù, sul divano di casa con Margherita e i due bambini. Damiano Cunego, 32 anni, veronese, gioca a fare l'opinionista. Si presta per spiegare il momento non propriamente felice del ciclismo italiano che non riesce a vincere una classica monumento dal 2008, anno in cui proprio il Piccolo Principe si aggiudicò per la terza volta il Giro di Lombardia.

Scusi Cunego, ma si è fatto un'idea del perché siamo diventati così scarsi in bicicletta?
«Consentitemi di dire che l'Italia ultimamente non è scarsa solo in bicicletta, ma lo siamo in tantissimi campi della vita…».

Beh, non è incoraggiante, né tantomeno consolante…
«Ma è la verità. È un momento così: stiamo vivendo in molti campi una profonda trasformazione. Sta mutando il mondo e anche il ciclismo sta cambiando. C'è molta più concorrenza, molte più nazioni che ambiscono a diventare qualcuno in bicicletta, anche molta più trasparenza e poi noi italiani stiamo vivendo un profondo cambio generazionale. Però attenzione, qualcosa si muove».

Cosa?
«Abbiamo dei ragazzi che stanno crescendo molto bene. Dietro a Nibali, che per le corse a tappe è una garanzia ed è nel pieno della sua maturità fisica e sono certo che arriverà al Tour con la condizione e le motivazioni giuste per poter ambire al massimo obiettivo, ci sono tanti giovani interessanti come Ulissi, Modolo, Colbrelli e Malori solo per citare qualche nome: vedrete che l'Italia del pedale ben presto vivrà una nuova primavera. Il ciclismo, come la vita, è una ruota che gira: prima eravamo i migliori, ora sembriamo dei brocchi, ma la ruota sta per girare di nuovo. Se gli stranieri sono migliorati tanto è grazie a noi che abbiamo insegnato a fare ciclismo a tutti. Avete presente i giapponesi e i cinesi che copiavano tutto? Ecco, nel ciclismo è successa la stessa cosa. Ma noi italiani siamo bravi a rigenerare idee».

Intanto c'è la Sanremo…
«È una corsa apertissima, quindi è aperta anche a noi italiani».

Lei però non l'ha mai amata.
«L'ho corsa solo tre volte e in tutte e tre le volte l'ho subita come poche. È troppo veloce. Negli ultimi 50 chilometri si va talmente forte che sembra che si stia preparando una volata. È una gara che non mi si addice».

Ma secondo lei la Sanremo deve cambiare?
«No. La Sanremo è così e così deve restare. Non vale la pena snaturarla, perderebbe la propria identità».

Chi sono i suoi favoriti?
«Sagan su tutti. Poi Cavendish, ma anche gente di peso come Gilbert e Cancellara. Se si muoveranno questi due vedrete che Ulissi sarà con loro. Però la mia Lampre ha anche Modolo, che avrà il compito di curare la volata e Pozzato, che dovrà entrare nelle azioni quando il gioco si farà duro: un po' come Ulissi».

Dove tornerà a correre?
«Al Giro dei Paesi Baschi, il 7 aprile».

Obiettivi?
«Le classiche delle Ardenne: Amstel, Freccia e Liegi. Quelle sono corse».

E il Giro?
«Correrò anche il Giro».

Come va con Michele Bartoli?
«Bene. Michele è il preparatore della squadra, io quando ho bisogno lo chiamo per un confronto, ma dopo 13 anni di professionismo ormai so come prepararmi».

Lei è in scadenza di contratto: quanti anni vorrebbe correre ancora?
«Una cosa è certa, non intendo ritirarmi.

Chiedo solo alla strada segnali incoraggianti. Io mi sento bene e sono motivato. Mi sento un po' come il ciclismo italiano: pronto a tornare grande».

Già da oggi?
«Il ciclismo italiano già da oggi. Io dal Giro dei Paesi Baschi».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica