È come se il tricolore fosse diventato la sua seconda pelle. Centoventi giorni dopo Londra 2012 Valentina Vezzali è come se non avesse mai smesso di essere la portabandiera dell'Italia. Fissa nuovi obiettivi, incoraggia i compagni d'avventura, pensa al futuro dello sport e non perde l'occasione per vincere anche facendo solidarietà. Grazie a Samsung Hope Relay per ogni km percorso si regalava un euro a Sos Villaggi dei Bambini Italia. È stata la serata giusta per rivedere alcuni dei protagonisti olimpici, a partire da Tania Cagnotto.
Il suo abbraccio con Tania racconta più di tante parole cosa significhi essere per lei alfiere anche a distanza di mesi
«Mi dispiace tantissimo per Tania, la conosco da tanto e so quanto ci teneva a questa medaglia. Quando si vince è tutto facile, ma sono convinta che dalle sconfitte si imparino tantissime cose, quando si perde si fa una profonda riflessione e credo che questa aiuti a crescere. L'importante è aver dato tutto e alla fine bisogna accettare perché questo è lo sport, si vince e si perde».
Londra è stata ricca di gioie ma anche di forti delusioni per la spedizione azzurra.
«Io credo che tutti i miei colleghi che hanno gareggiato a Londra siano degli esempi fantastici di dedizione per i giovani perché già partecipare ad un'Olimpiade significa sacrificio, determinazione e voglia di dimostrare il proprio valore».
Come si riparte da una delusione?
«L'ho dimostrato nella finale per il bronzo quando ad un certo punto era come se mi fossi lasciata andare perché dieci minuti prima mi ero vista sfilare di mano quello per cui mi ero tanto sacrificata
».
Poi cosa è successo?
«Mi sono ritrovata di fronte la rivale con cui quattro anni prima avevo tirato per l'oro
Ero sotto di quattro stoccate a dodici secondi dalla fine. Allora ho messo la ragione in un angolo, in un cantuccio e ho lasciato che l'istinto venisse fuori. E poi ho percepito il calore del pubblico che non voleva che perdessi. C'erano tantissimi italiani e mi sono fatta trasportare e ho potuto tirare fuori tutto quello che avevo».
E c'è un segreto
«Quando ho ricevuto la bandiera al Quirinale avevo promesso al Presidente della Repubblica che avrei fatto di tutto per onorarla. Quindi dovevo combattere fino alla fine per essere da esempio a tutti gli atleti della spedizione azzurra. Non potevo lasciarmi andare perché dovevo trascinare gli altri».
A proposito di altri, con Elisa Di Francisca tutto a posto?
«Direi di sì, comunque io un gelato lo mangerei volentieri
».
Alla fine la sua finale per il terzo posto è uno dei flash più belli dell'Olimpiade?
«Vorrei che servisse per dimostrare che ce la si può fare anche nelle situazioni estreme, nei momenti difficili come quello che sta attraversando il Paese in cui i giovani sembrano non avere futuro. Attraverso lo sport abbiamo dimostrato che ci si può riunire sotto la stessa bandiera e si può continuare a sperare».
Centoventi giorni dopo cosa le rimane?
«L'aver visto nei volti degli italiani la commozione, essere riuscita ad emozionare la gente».
E ora si prepara per un'altra gioia, la seconda maternità. Arriva un fratellino per Pietro?
«Ho sempre sostenuto che la famiglia è il motore della nostra esistenza, con un figlio la donna si rigenera completamente e guadagna tanta carica ed energia».
Quindi è un trampolino di lancio per Rio 2016 quando avrà 42 anni? Sarebbe la sua sesta olimpiade
«Mi piacerebbe dare ancora un contributo nell'arco di questo quadriennio per poi trovare un modo per far crescere il mondo dello sport con un occhio di riguardo ai bambini e ai giovani».
In quali ambiti bisogna intervenire per migliorare?
«Strutture e mentalità.
Il Coni nella sua storia non ha mai avuto una donna presidente, potrebbe essere l'occasione
«Chissà, è bello sognare».
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