"Io, famoso per quell'urlo, da tecnico non alzo la voce"

Il campione del mondo di Berlino 2006 Fabio Grosso ha riportato il Sassuolo in A. E dopodomani debutta contro il Napoli

"Io, famoso per quell'urlo, da tecnico non alzo la voce"

Il pallone è lì, davanti ai suoi occhi: manca poco al calcio d'inizio. Dopodomani, subito il Napoli campione per il suo Sassuolo, pochi passi prima di un lungo respiro che precede il tocco. Fabio Grosso conosce bene l'attesa, quell'infinita separazione spazio temporale tra un prima e un dopo: in mezzo la mente che scappa via come un palloncino nel cielo blu sopra Berlino. Un pensiero che aiuti a non pensare, proprio come quel 9 luglio 2006, quando fu chiamato a tirare il calcio di rigore più difficile della storia della nostra nazionale. Un rigore che valse all'Italia e ai ragazzi di Lippi il quarto titolo mondiale e a Fabio l'eternità sportiva.

Anche lei è ricordato per un urlo liberatorio, a pensarci bene due

"Forse addirittura tre, visto che ce n'è uno molto più nascosto, quello contro l'Australia, quando Lucas Neill mi atterra in piena area all'ultimo minuto di quell'ottavo di finale superato grazie al penalty da me procurato e realizzato da Totti. Però l'urlo di Tardelli è in cima a tutto e quando l'ho conosciuto gliel'ho anche detto. Il suo urlo è un'opera d'arte di sublime bellezza. Ero piccolino, avevo solo cinque anni, ma la gioia per quel gol mi è restata dentro: oggi è manifesto e leggenda".

Anche i suoi non sono male

"Lo so, lo so, me lo ricordano in tanti e alcuni mi hanno detto: solo il tempo ti farà capire compiutamente quello che sei stato capace di fare. L'urlo sprigionato con la Germania è stata la sublimazione di un'azione corale; quello con la Francia l'apoteosi di un mondiale pazzesco".

Il dopo è fatto di tante cose: da calciatore e allenatore. L'oggi è un nuovo calcio d'inizio, con il suo Sassuolo che ha riportato in A con 5 giornate di anticipo.

"E dopo una promozione ottenuta da favoriti, cosa tutt'altro che scontata né facile. Questo però appartiene al passato. Sabato si riparte con un gruppo di ragazzi fantastici e con un Berardi bandiera. Cosa chiedo loro? Quello che mi chiedono Veronica Squinzi (la signora Mapei, vice-presidente della società, ndr) e Giovanni Carnevali (Ceo del Sassuolo): continuare a sognare. Guai accontentarsi".

L'inizio è come una scalata dell'Everest: c'è subito il Napoli campione d'Italia dell'amico Antonio Conte.

"Tra i grandi con i più grandi, senza paura. Il Napoli è anche più forte, ma noi però siamo consapevoli della nostra forza. Come sono solito dire, dalle difficoltà dobbiamo essere bravi a trovare delle opportunità".

Lei ha incontrato sulla sua strada tanti allenatori: da Cosmi a Guidolin, da Delneri a Mancini, da Ferrara a Zaccheroni fino a Conte nei club. Poi Trapattoni, Lippi e Donadoni in Nazionale. A chi si aspira?

"A tutti. Ognuno, a suo modo, mi ha dato: sono stati spunto di riflessione e ispirazione".

Da allenatore, per adesso, tre successi: due promozioni con Frosinone e Sassuolo e il Torneo di Viareggio con la primavera della Juventus. A quale è legato maggiormente?

"Sono stati tutti diversi e tutti importanti, anche se poi come successo intendo anche quando non si vince ma si riesce a lasciare nei giocatori e nella società qualcosa del tuo lavoro. Poi il successo più bello sarà quello che dobbiamo ancora ottenere".

Lei sarebbe contento quest'anno di salvarsi o coltiva qualcosa di più?

"Mai porsi limiti".

Lei è l'uomo dell'urlo di Berlino, ma da allenatore è uno che alza la voce?

"Io cerco il dialogo e la complicità. A me piace dare ai ragazzi delle opportunità per fare in modo che crescano e si realizzino, esattamente come è capitato al sottoscritto. È chiaro che per ottenere certi risultati bisogna ricorrere a diverse modalità: ogni tanto la carota e quando serve anche qualche urlo, ma pochi: meglio il dialogo e la condivisione degli obiettivi".

Che idea si è fatto della vicenda Donnarumma?

"Premetto che parliamo di un fuoriclasse, un top assoluto, ma è altrettanto vero che per commentare questa storia c'è bisogno di conoscenza e sicuramente a me mancano dei pezzi".

Restiamo in ambito azzurro: c'è un campione del mondo, un suo compagno di squadra, Ct della nazionale. Gattuso è venuto anche a trovarla e a vedere il Sassuolo.

"Gennaro è un grande uomo e, soprattutto, un caro amico. Sono sicuro che Gennaro ci metterà tutto se stesso, conosco le caratteristiche umane che porta a tutto il movimento. È importante ripartire e tornare ad essere quello che siamo sempre stati. Sono fiducioso e faccio il tifo come tutti gli italiani".

Tra i tanti ragazzi di Lippi, moltissimi hanno scelto di fare l'allenatore: al momento lei è il più bravo

"Ci sono strade, ci sono percorsi e io ho fatto diverse esperienze. Ho avuto le mie delusioni così come le mie soddisfazioni. So solo che tutto è frutto del lavoro e anche di situazioni, più o meno felici. Basta un tiro calciato troppo bene e che finisce sul palo per perdere una partita".

Chi vincerà il campionato?

"Non sarà una sorpresa, a contendersi il titolo saranno le solite note, quelle più attrezzate e blasonate. Il Napoli parte in pole".

Ha la possibilità di allenare per almeno due giorni un grande giocatore: chi sceglie?

"Bella domanda. Potrei prediligere un calciatore offensivo da quaranta/cinquanta gol a stagione, ma sarebbe forse troppo banale. Preferisco indietreggiare un po' e scegliere un giocatore che contribuisce alla costruzione dei gol. Mi consenta però di fare due di nomi, tanto è un gioco: Frenkie de Jong e Vitinha. Giocatori pazzeschi, li allenerei volentieri".

Mister, ultima domanda: ma cosa ha pensato prima di calciare il pallone in rete contro la Francia?

"A nulla. Assolutamente a nulla: ma che ricordi".

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica