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"Io, sempre di corsa. Oggi vincere è facile"

Il 15 volte campione del Mondo festeggia il compleanno e spiega: "Troppa tecnologia. Così manca il fenomeno"

"Io, sempre di corsa. Oggi vincere è facile"

All'alba degli 80 Giacomo Agostini è ancora in pista. Perché pilota lo sei per sempre e lui è il Signor 15 volte, quello che ha vinto più di ogni altro, 15 Mondiali e 123 Gran Premi. Numeri che i grandissimi venuti dopo di lui hanno inseguito invano. Le rievocazioni storiche di tutto il mondo fanno carte false per averlo. Pochi giorni fa era al Tourist Trophy, la corsa maledetta vinta dieci volte prima di lottare per vederla esclusa dal calendario iridato a seguito dei troppi morti lasciati sulla strada. Eppure sull'Isola di Man lo amano e lo vogliono ancora, perché quasi cinquant'anni dopo l'addio alle corse è ancora un mito e la gente è pazza di lui.

«Questa è una cosa che mi riempie di gioia. Vedere tanta gente, anche tantissimi giovani, che mi riconoscono e mi salutano. Mi fa pensare che nella vita ho dato qualcosa. Dalle corse ho ricevuto tanto, ma ho anche dato. Sono convinto di essere stato sempre disponibile con chi mi chiedeva un autografo o voleva scambiare due parole perché avere gente che ti ammira è una cosa molto bella ed è giusto ricambiare. Ho sempre risposto anche ai tanti che mi scrivevano, magari dopo mesi, ma lo facevo. Era giusto così».

Oggi si corre per una Casa motociclistica, tu correvi per il Conte Agusta.

«Avevo un padrone se così vogliamo chiamarlo. Prima il Commendator Morini, poi il Conte Agusta, proprietario della MV, adesso si corre per grandi società dove ci sono amministratori bravissimi nel loro lavoro ma che magari non sanno nemmeno andare in moto. Le cose sono cambiate molto».

Non al Tourist Trophy, dove si muore oggi come quando ci correvi tu.

«Uguale. Esattamente uguale ad allora. D'altronde non è cambiato nulla se non i pannelli alla partenza, dove dietro c'è il cimitero. E sono cambiati solo provvisoriamente perché li stanno restaurando. Ho contestato il Tourist Trophy e sono riuscito a fargli perdere la validità di prova del campionato del mondo. Dopo la morte di Gilberto Parlotti ho detto basta, non volevo più essere obbligato ad andarci. Il TT vada pure avanti, ma senza obbligo di parteciparvi per chi non vuole farlo. Purtroppo anche quest'anno ci sono stati tanti incidenti».

La MotoGP invece è cambiata.

«Le gare sono belle, interessanti. La cosa che non mi convince è che un pilota un giorno vince e la settimana dopo è decimo. Gli appassionati, ne sono convinto, vogliono avere il grande pilota, la star che riesce a fare quello che gli altri non fanno. Da un lato avere tanti vincitori è bello, ma i fan vogliono il personaggio. Maradona nel calcio, Hamilton in Formula1. Non è vero che chi vince troppo stanca, è vero il contrario. Rossi, Marquez sono diventati quello che sono perché hanno vinto molto. Le moto di oggi non aiutano perché con tanta tecnologia basta poco per passare da primo a decimo. Oggi la MotoGP ha 24 grandi talenti, tutti capaci di vincere, ma non di stare sempre davanti. E così manca il campione che conquista il pubblico».

Cosa cambieresti?

«Toglierei un po' di potenza, perché con le velocità di oggi appena scivoli la moto parte via come un razzo, con rischi enormi. Le gare erano belle anche ai miei tempi e con 100 CV meno di oggi. Poi toglierei un po' di elettronica perché vorrei che il pilota contasse di più. Gli ingegneri mi odieranno, ma con moto meno sofisticate torneremmo ad avere il fenomeno, quello che riesce a fare le cose che gli altri non fanno e che tutti vogliono vedere».

Tra i grandi del tuo tempo chi ti ha lasciato un ricordo particolare?

«Sono stato invitato nelle Filippina da Imelda e Marcos ed ho passato una bellissima settimana di vacanza a palazzo. Gianni Agnelli mi ha colpito con il suo grande fascino ed era bello incontrare Enzo Ferrari al circuito di Modena, quando non c'era ancora la pista a Maranello ed andavano là a provare le loro macchine. Al Re Juan Carlos di Spagna ho portato una MV Agusta. Quando l'ha provata ero emozionato ma ho avuto anche un po' di paura perché ho visto che andava via un po' a zig zag. Pensavo, se cade son guai.... E poi sono grato ai nostri presidenti: Saragat mi ha fatto Cavaliere, Ciampi Commendatore».

Piacevi molto.

«Accidenti, piacevo sì, ma appena mi muovevo lo sapevano tutti, quindi sai quante leggende, sembrava che avessi centomila ragazze. Ero giovane, carino, occhi verdi, campione del mondo. Il difficile con una donna è rompere il ghiaccio quando non ci si conosce. Nel mio caso, invece, sapevano tutte chi ero quindi era più facile attaccare discorso».

Parliamo della tua carriera di attore.

«Ho fatto un po' di tutto: film, fotoromanzi, caroselli. È stata una bella cosa come lo è stato correre in Formula 1, perché io ho imparato cosa significa correre nella massima formula automobilistica, so come si sta davanti alla macchina da presa, so che nei fotoromanzi devi essere bravo a fingere... Ma non era il mio mestiere e quando Pietro Germi mi propose di fare un film importante gli dissi: So di essere bravo in moto ma a far l'attore non so se arrivo alla sufficienza. Lui mi rispose Non ti preoccupare, ci sono io alle tue spalle e vedrai che prenderai dieci. Poi non se ne fece niente perché le riprese cominciavano a marzo, insieme al campionato, ed è saltato tutto».

Quindi qualcosina te lo sei perso...

«Sono stato molto fortunato. Ero innamorato della moto, sognavo di correre e ho corso, poi ho vinto una gara, ho vinto il campionato italiano, il Mondiale, poi più mondiali, non posso dire che avrei voluto qualcosa in più. Sono stato accontentato in tutto».

Dopo Agostini, Valentino Rossi. Ci sono analogie?

«Per vincere bisogna avere qualità simili. Ai miei tempi eravamo un po' più seriosi, non ci lasciavamo troppo andare, Valentino ha portato qualcosa in più, con i suoi show ha portato allegria, strappato sorrisi. Io ero più chiuso, lui più aperto».

Vai ancora forte.

«Adesso non esageriamo. Vado. Non sono ancora rincoglionito... Sto bene, mi sento bene, ieri ero in moto a 250 all'ora. Finché mi sento in forma la cosa va bene, anche se gli anni passano. Mi piace andare a tutte queste manifestazioni a cui mi invitano. Mi stanco ma mi piace, perché se sto troppo a lungo nello stesso posto mi annoio, mi piace stare in movimento».

A 80 anni hai ancora un sogno nel cassetto?

«No davvero.

Vorrei solo continuare a mantenermi con questo spirito e continuare a fare le cose che facevo trent'anni fa, anche andando un po' più piano».

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