Brasile 2014

Italia confusa e senza fede. Comunque vada è perdonata

Prandelli si "perde" nei momenti decisivi. La squadra smarrita non si sa a cosa creda

Per Prandelli shock Costa Rica
Per Prandelli shock Costa Rica

Nostro inviato a Natal

C'è qualcuno che crede ancora in questa Italia, sono vecchi amici: Mourinho e Ibrahimovic. Poi c'è un popolo tifoso che fa finta di crederci. E una squadra che non si sa a cosa creda. E se ci creda. Lasciate stare le dichiarazioni di facciata, almeno evitano il fastidio di sentirsi catalogare fra gli antipatrioti. Per la fortuna di giocatori e tecnici non siamo come i sudamericani: quelli non mettono mezzi termini. La República, quotidiano di Montevideo, glielo ha scritto sotto la foto di Pirlo e Arevalo: «Ganar o morir». E loro ci credono e non ci sarà uruguaiano in campo che si prenderà il respiro, il tempo di pensare al caldo, al sole e al tweet. Non a caso hanno sulla coscienza il Maracanazo di 64 anni fa. Quella volta ci furono morti veri nelle strade del Brasile.

«Ganar o morir» non è impresa da calcio italiano. Meglio dire: ganar o ricominciare. La storia del nostro pallone non inganna: un po' di Corea, qualche pomodoro eppoi tutto come prima. Ricominciano a parlare di campionato, del calcio mercato, degli arbitri, della colpa che va sempre agli altri e mai alle nostre miserie.

Giocarsela con l'Uruguay non è impresa da titani: ci sta pareggiare e passare il turno. Ma certi di dover segnare, perché un gol al passivo ci arriva sempre. Si riparte da Natal dove l'allenamento ha richiamato tanti tifosi e i Negramaro. Ci sta recuperare una squadra che diceva di credere alle impostazioni tattiche del tecnico, salvo dimenticarsene, ci sta perfino far passare Prandelli per un ct d'eccellenza quando, invece, si perde sempre nei momenti che contano e non ha il coraggio di decisioni drastiche, se occorre cambiare giocatori. Raccontò che, agli europei, gli erano mancati i rilievi sugli esami fisici, tutto quanto fa scienza per aiutarti a studiare la condizione dei giocatori. Qui non è mancato nulla, eppure non ci ha visto sul prosciugamento fisico di alcuni e sulla debolezza tecnica di altri: dove stava il gioco? Il calcio qualità sparito con i suoi interpreti: comunque si chiama melina, o tikiLagna, e non tiki taka che vuole ben altra interpretazione. Eppoi Candreva che non stava in piedi dopo una partita e mezza, Thiago Motta inservibile, Marchisio a corrente alternata. Per non parlare dei difensori e di quel Balotelli, centravanti a umor vario: quando parte bene è un leone, quando comincia sbagliando diventa pecora. Bastava studiarlo in campionato per capire e, magari, dargli il cambio al momento opportuno. Immobile cosa ci sta a fare? Magari è anche un po' sfortunato, visto che il ct voleva inserirlo ma ha dovuto cambiare idea per dare il cambio a Marchisio.

Abbiamo ritrovato una nazionale di fantoccini, forse illusi dai leoni inglesi: troppo sopravvalutata la vittoria e troppo sottovalutato quanto raccontato dal calcio nostro in questi anni. La Juve aveva avvertito: regina a passo da record in campionato, poi maltrattata in Europa. Vorrà pur dire. Sulla colonna vertebrale bianconera, Prandelli ha fondato la nazionale: idea legittima e realistica. Dal resto del campionato ha cercato il meglio: ha pescato quasi tutto, con qualche bella sorpresa (Darmian) e qualche valutazione ottimistica (Abate, Paletta, Cerci, la forma di Cassano, la dimensione internazionale di Insigne). Ma non può aver colpa se giocatori dalla tecnica raffinata, e i piedi buoni, sbagliano i passaggi più semplici. Cerci si è autoassolto: «Chi ha giocato al calcio sa che in 20 minuti è difficile fare la differenza». Beppe Dossena, che ha giocato al calcio e che qui sarebbe titolare fisso, ha spiegato che in 20 minuti si può dimostrare di saper fare passaggi precisi, almeno al compagno vicino. Ecco perché «ganar o morir» non è cosa nostra. Tutti lo dicono, nessuno lo applica. Comunque vada, con l'Uruguay sarà un successo: passi il turno e vai alle stelle o torni a casa e dimentichi in fretta.

C'è il campionato del «Tv, sorrisi e calcioni».

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