«Ma la drammatica vicenda di Piermario Morosini è un fatto accidentale oppure può capitare anche a mio figlio che gioca a calcio nei pulcini?». E’ una delle tante domande che sono arrivate in redazione. La risposta è confortante, arriva da Maurizio Casasco, presidente della Federazione Medici Sportivi: «In Italia il numero delle morti per arresto cardiaco è di gran lunga inferiore a quello degli altri paesi grazie all’opera di prevenzione che non ha riscontri all’estero. La gente neanche s’immagina quanti sono gli atleti che fermiamo e sottoponiamo a ulteriori controlli dopo aver ravvisato una o più patologie nella visita d’idoneità. E’ l’unico screening rimasto nel nostro paese dopo che sono venute meno le visite scolastiche e di leva». In altre parole la legge c’è e non ha bisogno di correttivi. Basterebbe osservarla.
Quali visite. La visita medica di idoneità agonistica, obbligatoria fin dal 1982, non è uguale per tutti, ma fa riferimento alla specificità di ogni singola attività sportiva. In linea generale il protocollo dell’Istituto di Medicina Sportiva di Milano prevede: anamnesi storica e fisiologica, verifica dei parametri antropometrici, acuità visiva, misurazione della pressione, spirografia, esame delle urine, elettrocardiogramma a riposo e sotto sforzo (refertati da specialisti in cardiologia), IRI, acronimo che sta per “indice rapporto di idoneità”. Se qualche risultato appare fuori norma, si passa ad altri esami come l’ecocardiogramma o l’elettroencefalogramma. Quasi ovunque la visita è gratuita fino al 18° anno di età, mentre per gli adulti è conforme ai tariffari regionali. Invece la certificazione di buona salute, obbligatoria per chi fa sport a livello amatoriale, non richiede per legge alcun esame. Ma in alcuni istituti comporta, oltre alla visita specialistica, esame delle urine, elettrocardiogramma e spirografia.
Defibrillatori. L’arresto improvviso del cuore rappresenta una delle cause principali di morte nel nostro paese, all’incirca 70mila all’anno, il 10% del totale, più di 3 all’ora. Il defibrillatore, che si basa su scariche elettriche controllate, può ripristinare l’attività cardiaca se usato in tempo. Le possibilità di sopravvivenza si riducono del 7-10% per ogni minuto di ritardo. In Italia questi apparecchi non sono presenti in tutti gli impianti sportivi, ci vorrebbe una legge ad hoc, da tempo ferma in Parlamento. Ma gli organizzatori di eventi e i concessionari degli impianti dovrebbero porre l’acquisto di un defibrillatore, con relativa formazione di personale, bastano 12 ore, come priorità assoluta. Il costo è minimale, di poco superiore ai 1.500 euro per gli strumenti semiautomatici che anche un ragazzino può utilizzare.
Medici e ambulanze. In Italia si disputano oltre 700mila partite di calcio all’anno. Se ci mettiamo anche gli eventi di altri sport superiamo il milione di eventi. E’ quindi impossibile avere un medico, anche non sportivo, in ogni gara.
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