Mancini inizia come Draghi: con la Turchia il primo affondo

Non poteva che essere l'infinita Italia-Turchia ad alzare il sipario sul campionato Europeo 2020 postdatato di un anno per pandemia.

Mancini inizia come Draghi: con la Turchia il primo affondo

Non poteva che essere l'infinita Italia-Turchia ad alzare il sipario sul campionato Europeo 2020 postdatato di un anno per pandemia. Una partita che dura da mesi perché l'hanno già «giocata» le tensioni diplomatiche tra i due paesi. Ma non sarà l'occasione della pace. Niente incontro ravvicinato in tribuna tra Mario Draghi (in Cornovaglia per il G7) e Recep Tayyip Erdogan, che in missione all'Olimpico ha mandato il figlio Bilal, nel 2003 l'allora premier Silvio Berlusconi fu il suo testimone di nozze. Atteso il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nella notte del ritorno «vero» del pubblico allo stadio.

Italia-Turchia è infinita perché è cominciata a inizio aprile per colpa di una sedia. Quella negata a Ursula von der Leyen, presidente della commissione Europea, dal presidente della Turchia. Una scortesia davanti alla quale Mario Draghi non esitò a dire: «Erdogan è un dittatore». I rapporti diplomatici scesero al minimo storico. Poi la Turchia tentò di soffiarci la sede dell'Europeo. Stasera infatti si sarebbe potuto giocare a Istanbul invece che a Roma. Ma il governo Draghi, per evitare lo sgarbo, si piegò al «ricatto» dell'Uefa, che voleva la garanzia di porte aperte al pubblico nelle settimane in cui il Paese seppelliva quattrocento morti al giorno per Covid. Quindi le difficoltà dei tifosi turchi in possesso del biglietto per districarsi tra le maglie del rigido protocollo. A Erdogan è rimasto il sorteggio che ha messo i turchi in «casa» all'Olimpico e gli azzurri «ospiti», e quindi sarà rossi contro bianchi.

È stata la prima occasione «estera» in cui Draghi ha dimostrato di giocare all'attacco. Così dovrà essere per Roberto Mancini. Si passa da un salvatore della patria all'altro. Se l'economista è stato chiamato a risollevare l'Italia prostrata dal Covid dopo il balbettante governo Conte, all'allenatore è stata affidata la missione di rialzare la Nazionale sprofondata al punto più basso della sua storia con la mancata qualificazione al Mondiale di Russia. Se Draghi si è costruito la totale fiducia con anni alla guida della Banca Centrale Europea, Mancini lo ha fatto con le vittorie nei club e collezionando la striscia record di risultati positivi alla guida della Nazionale. Il premier non ha deluso le attese alla prima uscita «estera», schierandosi senza equivoci con i fatti. Il ct è al primo vero banco di prova, dovendo mettere da parte insicurezze nell'allestire rose e formazioni. Perché il non perdere da ventisette partite può essere una grande illusione, se non si «pesano» i nomi degli avversari. Alla prudenza invita il fatto che la Nazionale si è avvicinata all'evento senza veleni, ma solo quando è successo ha trionfato. Anzi è stata accompagnata da un crescente ottimismo sconfinante nell'entusiasmo.

Eppure è una squadra che, tolti gli «oriundi» Jorginho ed Emerson freschi di Champions con il Chelsea, non ha dimestichezza con il palcoscenico europeo: nessun altro azzurro vanta trofei internazionali. Il palmares inviterebbe alla prudenza.

Mancini però ostenta fiducia. C'è tempo Iniziare togliendo il posto alla Turchia tra i grandi di Euro2020 sarebbe un buon viatico. Oltre che una bella rivincita per Draghi: lasciare Erdogan senza sedia non avrebbe prezzo.

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