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Joya-day: una prodezza, poche giocate e tanti applausi

Alla prima da ex, Paulo non incanta. Alla fine è comunque decisivo e si gode la standing ovation

Joya-day: una prodezza, poche giocate e tanti applausi

Ci voleva quell'assist, sennò che altro ricordare? Le scarpe di un giallo abbagliante, la cosa più vistosa del suo match. Paulo Dybala per almeno 65 minuti è rimasto Paolino, quello che ami tanto ma non cresce mai. A Torino era il ninnolo da vezzeggiare, mai abbastanza grande per sentirsi leader. Ed allora eccolo nello stadio amato con la maglia di una squadra non proprio amata dai bianconeri tifosi. Se n'era andato abbracciato a Vlahovic, abbraccio che stavolta ha replicato, a fine partita, con scambio di maglie. Maglia come dire simbolo di un grande amore. È tornato facendo un giro di campo, un'emozione, inseguito da applausi di simpatia più che di nostalgia, un sospirone messi i piedi sull'erba.

Eppoi rieccolo nel vestire la solita maglia, stavolta numero 21, dell'eterno incompreso e un po' incomprensibile. Dybala che gioca come un bambinello senza arte né parte. Dybala che si industria nell'arte del raccattapalle. Niente che dica: guardate, sono sempre io. Poi, poveretto, deve esserci rimasto male quando Vlahovic ha segnato la punizione dall'amata mattonella, l'unica che abbia realmente segnato la differenza fra lui e Cristiano Ronaldo: lui che ci prendeva sempre, quello una volta sola. Ci voleva un guizzo, un colpo di qualità: non tanto per farsi rimpiangere ma per farsi ammirare. E qui la sorte se lo è coccolato quando Alex Sandro ha regalato una delle solite toppate. Paolino ha ritrovato senso acrobatico nel servire Abraham. La statistica racconta che questo è il suo 50° assist in campionato. Numero tondo per arte da prestigiatori. Dybala piede dolce non si è smentito.

E, stavolta, al posto della maglia, aveva indosso la camicia della buona sorte.

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