Torino In mezzo a tanti soldi anche una grana. Perché ieri è stato il giorno del miglior bilancio nei centoventi anni di storia della Juventus presentato all'Allianz Stadium. E questo era ampiamente previsto. Non lo era la polemica a distanza tra Andrea Agnelli e Antonio Conte. Innescata dalle parole del presidente bianconero all'assemblea dei soci con cui ha elogiato Massimiliano Allegri: «Con la sua caparbietà e capacità ha portato avanti un lavoro che per altri sembrava terminato». L'ex allenatore ha replicato via facebook: «Nella vita non si finisce mai di conoscere le persone... A volte basterebbe un minimo di riconoscenza. E di maturità».
Strascichi di un capitolo chiuso, ma la storia va avanti tra vittorie e numeri. «Escludendo i trasferimenti, il nostro fatturato ammonta a 411,5 milioni, con un utile di 42,6 milioni. Dal 2010 abbiamo sostanzialmente raddoppiato il fatturato», l'annuncio di Agnelli. Squillino le trombe e rullino i tamburi, insomma. Anche se ovviamente non basta, perché l'ambizione è quella di fare sempre meglio. Il che fa poi anche rima con altri scudetti e una presenza in Champions la più lunga possibile, «ragionevolmente sempre nei quarti di finale, perché significherebbe raggiungere gli schermi di tutto il mondo da settembre a marzo». Già. Perché, gira e rigira, buona parte del fatturato viene costruita grazie agli introiti delle televisioni e alla capacità di penetrazione nei mercati altri, siano essi asiatici o sudamericani. Siccome però da queste parti vincere la Champions non è mai diventata abitudine, «il nostro obiettivo deve essere quello di trionfare ancora in Italia: una volta conquistato il settimo scudetto consecutivo, ci sarà poi tempo per pensare a un aggettivo che descriva i campioni andati oltre la leggenda». Tra questi, Buffon: ieri il numero uno ha confermato a Sky che intende ritirarsi a fine stagione, «a meno che non si vinca la Champions».
Si vedrà più avanti, ovviamente. Ma, al di là del campo (stasera, contro la Spal Douglas Costa al posto dello squalificato Mandzukic), è l'azienda Juventus che Agnelli vuole rendere sempre più potente. «A oggi non possiamo prevedere il nostro prossimo fatturato denuncia - dal momento che non è ancora stato definito il 20% della legge Melandri da ripartire e non c'è certezza sui diritti tv italiani del prossimo triennio. È una sfida impegnativa per rispettare l'incremento avuto con i diritti internazionali. L'auspicio è che si privilegino le squadre che giocano le coppe europee, perché solo dal loro successo può nascere un vero sviluppo per tutti». Sensazioni positive, comunque. Con altri inviti ribaditi, magari usando toni meno duri che in passato perché nel frattempo Tavecchio osteggiato ai tempi è diventato «uno che vuole le modifiche». E, in ogni caso, urgono riforme quali la riduzione delle partecipanti alla serie A e l'introduzione delle seconde squadre. Vestendo anche i panni di presidente dell'Eca (l'associazione dei club europei), immaginando di spingere la Uefa a uniformare «almeno per le cinque Leghe maggiori le nuove eventuali finestre di calcio mercato, certamente da ridurre».
Juventus in prima fila in tutto e per tutto, allora. Con il fatturato delle sponsorizzazioni aumentato di oltre il 40% nelle ultime due stagioni, la saturazione dello Stadium al 98%, il feeling con la dirigenza dell'Inter consolidato («Suning ha un'idea di sviluppo molto precisa. I cinesi del Milan? Non li conosco») e un parere equilibrato sul Var: «Rimango molto favorevole, certo. Ci sono state però due leggerezze: non mi è parsa una grande idea dare la facoltà di introdurlo su base volontaria, così come mi sembra ci sia tuttora un po' di confusione sul protocollo di intervento».
Sullo sfondo, la squalifica di un anno per la vicenda biglietti, con l'appello da discutere il 15 novembre: «Mi rammarico per i comportamenti e gli atteggiamenti della Procura federale. Da parte nostra c'è sempre stata onestà e correttezza».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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