
Inutile e pericoloso rispolverare il passato. Juventus-Inter non è più quella roba lì che tutti conoscono, non è più la partita degli Agnelli e dei Moratti, di Boniperti e Fraizzoli, l'aria aspra degli anni Sessanta e tutto il resto a seguire, polemiche, accuse, intercettazioni, tribunali sono una camicia bagnata addosso ed è difficile svestirsi di tutto. Si deve fare i conti con una storia diversa, nella forma e nella sostanza, un derby tra i due club più indebitati d'Italia, travolti da vicende legali, cambi di proprietà, finanziamenti forzati, presidenti di nome ma non di fatto, serissime questioni giudiziarie, di qua una famiglia, quella torinese, che cerca di resistere all'usura contabile e con interessi altrove, di là un gruppo, quello milanese, nelle mani di un fondo specializzato in investimenti alternativi come il credito, il debito in sofferenza e il real estate. Dunque mondi completamenti diversi dal passato che ormai è remoto.
Eppure la partita ripropone gli stessi stimoli, perché la polemica è dormiente, perché restano in sospeso scudetti e vicende legali, perché Juventus e Inter coinvolgono la grande fetta della tifoseria italiana e mondiale. Dentro questo contenitore si deve trovare un contenuto, sarebbero i due allenatori, sarebbero le due squadre e uso apposta il condizionale perché il presente è tutto ancora da decifrare, da capire e, dopo la partita di domani pomeriggio, arriva la champions league con quello che comporta come impegno agonistico e ingresso di liquido bancario. Tudor e Chivu hanno vissuto da calciatori una partita dell'epoca di cui sopra, oggi sono entrambi a zero tituli, il pareggio non risolverebbe lo stand by, la vittoria bianconera sarebbe aggiunta di autostima ma comporterebbe seri danni in zona Appiano, il successo dell'Inter restituirebbe dignità ad una squadra ancora intossicata dall'epilogo della stagione scorsa. Il resto appartiene alla narrazione tipica, i due attaccanti certi dell'Inter, un campione del mondo e un vice campione del mondo, la nuova e imprevista comitiva di attaccanti della Juventus alla ricerca di un posto fisso.
Il derby d'Italia, immagine creata da Gianni Brera e relativa ai titoli vinti, è come uno di quei cartelloni cinematografici (esistono ancora) che annunciano un grande film, con grandi interpreti. Accade poi di avvertire, durante la proiezione, sbadigli e qualche fischio che improvvisamente si esalta per il 4 a 4 di cui ancora si ride, il quarto uomo di quella sera, Colombo, è promosso arbitro, dei due allenatori, uno è disoccupato ma con il reddito di cittadinanza calcistica garantito, l'altro è in Arabia a raccogliere gloria e denari. Il quadro complessivo non invita ad entusiasmi da partitone ma l'attesa cresce soltanto tra i tifosi e nelle redazioni sportive. Dubbi sulle formazioni, reduci e sopravvissuti delle nazionali, si teme il solito rave party degli ultras, già segnalati i tam tam sui vari social.
Non credo che Howard Marks, Bruce Karsh e John Elkann, rispettivamente presidente e amministratore delegato di Oaktree, azionista di
riferimento di Juventus, stiano provando fibrillazioni particolari ma tant'è, disponendo a testa di un patrimonio di oltre 2 miliardi di dollari, possono anche godersi, in pace e /o da remoto, questo nostro sabato italiano.