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Juve-Napoli, no al ricorso. "Alibi per non giocare". Svelata la furbata di AdL

La Caf: "Violati principi di lealtà e correttezza". Il club: "Ombre inaccettabili. Ora il Coni..."

Juve-Napoli, no al ricorso. "Alibi per non giocare". Svelata la furbata di AdL

Juve-Napoli del 4 ottobre resta 3 a 0 per Pirlo e meno 1 in classifica per Gattuso. Respinto il tentativo, più politico che di merito, delle Asl di Napoli e degli uffici del governatore De Luca, di coprire le spalle a De Laurentiis. Il club azzurro è uscito dal ricorso alla Corte d'Appello federale con le ossa rotte, inchiodato alle responsabilità di un comportamento - è scritto nelle motivazioni - che ha violato «i principi di lealtà, probità, correttezza», i tre comandamenti dello sport. Nell'occasione poi, il precedente dispositivo del giudice sportivo, è uscito valorizzato dal giudizio del tribunale di secondo grado riconoscendo la ricostruzione meticolosa della corrispondenza tra il calcio Napoli e le Asl 1 e 2 nei giorni precedenti alla disputa della gara. La motivazione, stesa dal segretario Borgo, ha una premessa che non concede scampo alle tesi difensive dell'avv. Grassani. «Nei giorni precedenti il comportamento del club era teso a precostituirsi, per così dire, un alibi per non giocare la partita» è scolpito sulla pietra.

La tesi della causa di forza maggiore, invocata a giustificazione del mancato trasferimento a Torino (decisione tra l'altro sgradita all'allenatore Gattuso), è stata dunque smontata elencando la sequenza dei fatti così riassunti: «1) le richieste reiterate alle Asl 1 e 2 che dalle prime risposte si dichiaravano incompetenti in materia riconoscendo di conseguenza il valore del protocollo; 2) la cancellazione del volo charter per Torino; 3) l'annullamento del giro di tamponi previsto prima della gara». A dire il vero, la Caf dopo aver ripetuto che il famoso divieto dell'Asl, sventolato da De Laurentiis, è arrivato solo nell'imminenza della gara e cioè alle ore 14.13 della domenica 4 ottobre, ha espresso anche rilievi, fondati, sul discutibile coinvolgimento degli uffici di Gabinetto della Regione Campania del quale non si comprende la ragione. Perché il Napoli si è rivolto al vice capo Gabinetto del governatore De Luca? La risposta è scontata: «Per farsi le regole da soli», la conclusione del Collegio giudicante.

Smascherato il piano di De Laurentiis, da ultimo la Caf ha concluso con un'annotazione a margine di grande rilievo per tutta la serie A: una sorta di avviso ai naviganti. E cioè che il comportamento del Napoli è stato anche «non rispettoso delle altre società» che hanno invece accettato di giocare pur in condizioni «più critiche», riferimento evidente al Genoa che una settimana prima è partito per Napoli nonostante un gran numero di contagiati, ha giocato e perso 6 a 0. Ultima chiosa: la Juve non si è costituita in giudizio, come pure il regolamento le avrebbe consentito. Un gesto elegante per restare fuori dalla mischia. A questo punto, per la giustizia sportiva, il Napoli ha davanti solo il ricorso al collegio di garanzia del Coni, terzo e ultimo grado, già annunciato perché la sentenza «getta ombre inaccettabili sulla società». Il ricorso eventuale a quella ordinaria (Tar) - studiato dal calcio Napoli- aprirebbe un altro fronte con conseguenze non pronosticabili per il campionato.

Non è andata meglio alla Roma.

La seconda sezione della Caf, presieduta da Attalico, ha respinto il suo ricorso per lo 0 a 3 a tavolino ricevuto a causa dell'errore materiale commesso nel redigere la lista della squadra a Verona (Diawara inserito negli over 23): in questo caso, pur in presenza della mancanza del dolo, è stato ribadito il rispetto della regola certificato dai precedenti.

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