Torino - Gli applausi più convinti sono stati giustamente indirizzati a Giorgio Chiellini. Di nuovo in campo per una quindicina di minuti per la prima volta dal 24 agosto, quando il suo ginocchio fece crac contro il Parma. A quel punto, contro un Brescia rimaneggiato che più rimaneggiato non si sarebbe potuto e per di più in inferiorità numerica da oltre un tempo (doppio giallo, ineccepibile, nei confronti di Ayè), la Juventus stava vincendo 2-0 in uno stadio che aveva fatto fatica a divertirsi. E pure ad apprezzare qualcos'altro che non fosse il punteggio.
La solita Signora impacciata e per nulla fluida, ecco. Incapace di prendere a pallate il povero Andrenacci, terzo portiere del Brescia (all'esordio nella massima serie) visto il forfait di Joronen e l'infortunio subìto da Alfonso dopo una decina di minuti di gioco. Insomma: nonostante alla squadra di Lopez mancassero anche Tonali, Gastaldello, Romulo, Torregrossa e Cistana, la partita è rimasta in equilibrio per molto più tempo rispetto a quanto sarebbe stato lecito attendersi. Addirittura, a metà ripresa il Brescia ha avuto sul piede di Bjarnason la possibilità di arrivare al pareggio: il suo tiro dal limite dell'area è però finito dritto in curva e la Juve ha potuto tirare un sospiro di sollievo. Di lì a poco sarebbe arrivato il raddoppio di Cuadrado che, dopo la punizione del primo tempo calciata con successo da Dybala in seguito al fallo (e quindi alla seconda ammonizione, con conseguente doccia anticipata) di Ayè, avrebbe fissato il punteggio. Nel finale, una traversa di Dybala avrebbe potuto dare al risultato una dimensione più rotonda: onestamente, però, non sarebbe cambiato il giudizio su una Juve che anche ieri non ha lanciato segnali di grandezza. E che, per di più, attende adesso con ansia di conoscere le condizioni di Pjanic, uscito arrabbiatissimo pochi minuti dopo il suo ingresso in campo (ma non era più logico concedergli un turno di riposo pieno?) per un fastidio agli adduttori: avvicinandosi le partite che contano, un'eventuale assenza prolungata del bosniaco rischierebbe di pesare oltremodo sulle ambizioni bianconere.
In archivio, pur senza Ronaldo in campo, va comunque l'ennesimo successo casalingo: l'undicesimo sui dodici match di campionato disputati, il sedicesimo dell'era Sarri che diventa così il secondo allenatore della Juve ad avere vinto 16 delle prime 17 partite interne sulla panchina bianconera. Numeri che qualcosa dicono e significano, pur se l'impressione rimane quella di una squadra che viaggia a tre cilindri, nemmeno troppo apprezzata dai propri tifosi considerati i fischi arrivati fin dal primo tempo: «Abbiamo fatto quello che dovevamo fare così Sarri -. Poi abbiamo chiuso la gara e colpito pali».
Detta così, pare
essere stata una domenica quasi perfetta: la realtà è un'altra, né i legni di Rugani, Bentancur e Dybala (cui il gol in campionato mancava dal 18 dicembre) possono cambiarla. È una Signora vulnerabile: meglio ricordarselo.
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