Nella Nigeria che cannibalizza gli allenatori, dodici in appena un decennio, Stephen Keshi si sente un privilegiato, anche se si tratta di una consolazione effimera. «Guido la nazionale da due anni ormai, sono un intoccabile, ma solo perché non percepisco lo stipendio», ammette a malincuore il ct che ha conquistato il pass mondiale al primo Paese africano battendo ieri 2-0 l'Etiopia (gol di Moses e di Obinna, ex Chievo e Inter). Ci sarebbero tutti gli elementi per trascinare la federcalcio di Lagos davanti alla Fifa, ma il tecnico low cost delle Super Aquile preferisce la condizione dello sfruttato, perché «se ottengo buoni risultati magari riesco a ottenere un incarico da un'altra parte e uno stipendio decoroso». Soprattutto uno stipendio, alla luce dei 10mila dollari al mese, come recita il contratto, ma che non ha mai percepito. Forse è davvero questo il motivo per cui non è stato esonerato nonostante la disastrosa apparizione della Nigeria alla recente Confederation Cup. «Almeno ho potuto fare di testa mia. Ho lasciato a casa i professionisti per provare ragazzi emergenti. È andata male, ma non sono finito sul banco degli imputati». Eppure in passato gli era accaduto anche di peggio. Nel 2006 qualificò a sorpresa il minuscolo Togo ai mondiali tedeschi. Adebayor e un manipolo di carneadi riuscirono a far fuori Senegal, Zambia e Mali.
Merito anche delle alchimie tattiche del povero Keshi che non solo non prese un dollaro, ma venne addirittura esonerato a tre mesi dal mondiale. Al Craven Cottage di Londra la Nigeria sembra attrezzata per sgambettare gli azzurri.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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