Sport

Kvaratskhelia, il Messi georgiano che si è preso Napoli: lo chiamano già Kvaradona

Il georgiano ha conquistato il cuore dei partenopei con la sua faccia pulita, il campionario di finte e il potente "tiraggiro": ora lo scoglio Liverpool in Champions League

Kvara esulta dopo l'ultimo gol alla Lazio
Kvara esulta dopo l'ultimo gol alla Lazio

C’è una riga che fende il cielo di Tskhinvali senza promettere nulla di buono. Poi i traccianti iniziano a moltiplicarsi, seguiti da un tramestio infernale quando quelle scie iridescenti precipitano verso terra. Khvicha ha soltanto sette anni, ma certe cose le capisci lo stesso. Se ne sta incollato davanti alla tv del salotto, la luce intermittente pompata nella stanza che bagna i suoi occhi sgranati. “È scoppiata la guerra”, balbetta la giornalista in collegamento, trasecolata. Dietro di lei ruggiscono le sirene che allertano la popolazione. Quella città conficcata nel Caucaso è la sedicente capitale della Repubblica dell’Ossezia del sud. Le Nazioni Unite la snobbano. L’Unione Europea non la legittima. La Russia di Putin sì. Touché.

Il primo dribbling per uscire da una situazione pressante, Khvicha Kvaratskhelia lo assesta qui. Quando il conflitto diventa inevitabile, anche Tbilisi si sorprende insicura. Suo padre, Badri, lo fa salire in macchina per mettere più spazio possibile tra un futuro che sta sbocciando e la battaglia che infuria in Georgia. Molti anni più tardi, a Kazan, quel pensiero tetro è tornato a fargli visita: via dal Rubin per tornare in patria, schivando le tensioni che trafiggono quotidianamente russi e ucraini. Sì: il calcio è il suo salvacondotto.

Una svolta del destino che l’ha condotto dapprima alla Dinamo Batumi e poi, impossibile non avvedersene anche se ci si proclama agnostici convinti rispetto all’ecosistema pallonaro, al Napoli. Kvara ci è arrivato indossando quell’espressione timida e benevola che non anestetizza la sfrontatezza interiore. Eppure i paragoni, per uno che sventola una carta d’identità ancora perfettamente liscia, erano già ingombranti. Certo, abbiamo tutti l’amico che trascende un po’, magari dopo avere alzato il gomito. Nel suo caso l'identikit risponde a Zuriko Davitashvili, ex compagno di squadra con un futuro nel mondo del personal branding: “Khvicha è il Messi georgiano”, la sua sobrissima sentenza. Cibo sostanzioso per le penne degli scrivani di tutto il mondo.

Per nulla vacillante di fronte all’impudente paragone, Kvara è sceso dalla catena montuosa del Caucaso per infilarsi stabilmente nell’undici di Spalletti. Conquistare il muscolo pulsante dei napoletani non è esattamente una passeggiata nel parco, ma viene giù più facile se sfoderi un repertorio seducente come di rado si è visto da queste parti, almeno negli ultimi vent’anni. Il dribbling è il pezzo pregiato della casa. Khvicha possiede un repertorio di finte da fare invidia alla sconfinata varietà di pizze cittadine. Quei movimenti basculanti risultano indecifrabili quasi più del cognome inciso sulla maglia. Poi c’è quella cosa del tiro. Kvara calcia soltanto forte, con quel destro deflagrante, anche quando non servirebbe. Contemplare la bordata rifilata alla Lazio, solo per attingere dall’ultimo esempio, per interiorizzare l’argomento. E poi conclude sovente a giro, consolando gli orfani del suo predecessore Insigne, adesso impegnato a svernare a Toronto. Se a tutto questo abbini la potenza di due cosce che spingono come aliscafi, capisci perché alle retroguardie altrui non piace per niente questo elemento.

Forse ha a che fare con il suo patrimonio genetico, quello scolpito nel suo cognome che, come ha confessato lo zio Mamuka, significa – letterale – “carbone ardente”. Con presupposti del genere la voglia di addentare ogni match trapela da ogni poro. C’è anche chi, alludendo al suo bagaglio tecnico, ha abbozzato un altro parallelo per nulla stressante: Zizì! cinguetta De Laurentiis quando lo intercetta nel tunnel che incanala al campo, immaginandolo erede del pirotecnico francese. La pressione maggiore però arriva, sicuro, da chi ha già avuto l’ardire di affibbiargli il nomignolo "Kvaradona".

Lui però se ne frega. Disinstallando l’ansia in eccesso scodella gol, assist e occasioni nitide ogni volta che scende in campo. La serie A è già il suo giardinetto. Adesso vediamo che succede in Champions: il primo confronto, contro il Liverpool, sarà tutt’altro che tenero. La difesa di Klopp non è un gingillo burroso in cui infilare la lama. Il carico emotivo che accompagna la musichetta iniziale è contundente. Kvara però non pare intimorito. Il suo dribbling migliore, del resto, l'ha estratto dal cilindro da bambino.

Davanti ad una tv come quella, in una casa qualunque di Tbilisi, domani saranno in tanti a fare il tifo per lui.

Commenti