L e lacrime di Cristiano Ronaldo. Il resto è nulla. Cristiano Ronaldo ferito, steso su una barella. Il resto è nulla. Luis Figo in tribuna si copre il volto, rigato di lacrime. Il resto è nulla. Monsieur Payet prova a voltare gli occhi verso il campione che lui ha azzoppato, con un'entrata bastarda, quasi un agguato, un progetto di un killer. Lui è il nulla. Una falena, una tra un milione, quelle che hanno invaso lo stadio dalla notte di sabato, si addormenta sul sopracciglio di Cristiano, sembra il segno del destino, della favola popolare, il male augurio, là dove si è posato l'insetto là il padrone di casa potrebbe morire.
Cristiano Ronaldo era il padrone di questa finale, la sognava, dopo aver conquistato la coppa dei campioni con il Real di Madrid, aveva messo sul comodino la palla di cristallo, la coppa d'Europa con il Portogallo, terra malinconica e perdente, ultimo scoglio prima dell'Oceano.
Il fado lo ha colpito al ginocchio, lo ha colpito un francese che va di moda, Payet ho scritto, colpevole, omicida del football in questa notte strana di Parigi.
Che cosa è stata una finale senza Cristiano Ronaldo? Potrei dire come un campionato d'Europa senza Michel Platini. Questo è il pipistrello nella grotta del Saint Denis, lo stadio di Francia invaso di bandiere e di falene, attirate dalle luci che dovevano servire ad allontanare la paura e alla fine hanno acciuffato nuvole nerissime di farfalle notturne.
La notte di Cristiano, il buio improvviso quando sembrava avere intravisto la luce, l'approdo. Torna alla mente il mondiale del '66, in Inghilterra, quando i bulgari decisero di togliere di mezzo il re, Pelè, aggredito, ammaccato, steso, finito proprio dai portoghesi, nella sfida successiva. Eusebio si chinò verso Edson Arantes, ferito, a terra, fu la resa del Signore, abbattuto ma non sconfitto come la storia ci insegna. Doveva essere il suo mondiale, in Europa, dopo il debutto svedese del '58 , quando nessuno al mondo, compresi i brasiliani, poteva immaginarlo.
Cristiano è il re moderno, figlio di un Portogallo che ha dato, al teatro del calcio, Eusebio e Luis Figo, per citare, a memoria, i suoi attori più belli.
Quando Ronaldo è uscito dal campo di Parigi un'altra fotografia è uscita dall'album dei ricordi: Didier Deschamps si è avvicinato alla barella, ha accarezzato appena il campione ferito, cercando di consolarlo, il conforto onesto del nemico. Nel mondiale di Spagna, l'estate dell'Ottantadue, a Siviglia, Michel Platini accompagnò verso lo spogliatoio tenendo la mano di Patrik Battiston, in barella, travolto dal portiere tedesco Harald Tony Schumacher. Il calcio sa concedere fotogrammi di umana normalità.
Che altro è stato il film senza il suo attore
protagonista? Un'attesa inutile, quasi fastidiosa, un orologio che scandiva i secondi, i minuti, sperando che la storia finisse comunque. Ma la storia e il sogno erano ormai finiti, per Cristiano Ronaldo. E per chi ama il football.
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