Misura solo 500 metri, vi pattina, con stile, da almeno 15 anni ed è la sua distanza preferita. È una Walk of fame da intendersi bilingue, come gloria ed appetito per la vittoria. Tutto è, da tempo, doppio, amplificato, un po' italo e un po' americano, nella carriera di Arianna Fontana in Lobello. Da Berbenno di Valtellina alla California, passando per il Canada e l'Ungheria e una tregua olimpica con la federazione, solo per ricordare ad ognuno di essere la più forte del pianeta short track. A lei, ieri, non è bastato regalare all'Italia il primo oro di questi Giochi, vincendo su Schulting e Boutin. Lo ha fatto a patto di prendere per sè - dopo l'argento gentilmente condiviso con la staffetta mista del nuovo format - non solo il secondo sigillo oltre Muraglia, ma anche un traguardo leggendario e a doppia cifra. Quello delle 10 medaglie a Cinque Cerchi che lega l'Arianna delle lame, alle lamine di Stefania Belmondo. Signore di ghiaccio e neve, ma soprattutto di incorruttibile carattere d'acciaio.
Due ori, 5 argenti e 3 bronzi: la stessa cabala fra Belmondo e Fontana, anche nei colori delle medaglie. Arianna le ha infilate ad ago e filo in 5 edizioni olimpiche, da Torino 2006 quando debuttò, a meno di 16 anni, con un bronzo in staffetta. Stefania ha impiegato dieci anni e 4 edizioni, dal 1992 di Albertville al 2002 di Salt Lake City. Zoomando nel palmares di Fontana la storia dei suoi 500 metri è una cup of tea da consumare fredda, vedendo scivolare indietro tutte le altre: bronzo nel 2010, argento nel 2014, doppio oro nel 2018 e nel 2022. Arianna è una fontana di medaglie e lotta per tutte, come ha fatto ieri. Sicura nei quarti, mentre Martina Valcepina viene squalificata; cannibale in semifinale, quando esce l'altra Arianna, Valcepina junior, Fontana sarà inesorabile in finale. Ma non subito.
Dopo la falsa partenza in cui la buttano a terra, la gara è sospesa. Lei si adagia molle sui materassi, come una statua del Canova. Immobile, eterea, salvo quel pattino allungato a favore del cambio lamina. Anthony esegue. Lui è marito, mentore e coach, ma non le dice una parola. Arianna torna in partenza. È l'unica a scattare col destro. Schulting s'invola, povera orange illusa. La fuga dura poco: «Quando ho capito che l'olandese faceva traccia, ma non velocità, ho preparato il sorpasso». Che è spietato: la sventurata allarga impercettibilmente a destra con una pattinata. A quel segnale, Fontana ha già scatenato l'inferno dentro, ma soprattutto è già davanti. In apnea, all'interno della corsia del rink, finché pattino non le separi abbastanza da volare sul traguardo. Allora si è il tempo del pianto, con Anthony che le allunga il tricolore e lei che alza quel pugno, guantato in bianco, come a dire: sì, ma questa notte è ancora nostra.
«La medaglia è per Anthony e la mia famiglia che hanno sofferto tutto insieme a me», sussurra tornata angelica da sembrare perfino più bionda. Picchietta il podio, «Sei mio!». Poi vengono anche gli abbracci con le compagne. Ma attenzione: Arianna ha ancora tre gare. Scommettiamo che non è finita finché non sarà finita? E a deciderlo sarà ancora una volta lei.
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