Adesso bisogna solo stabilire la paternità del tocco magico. Se di Vincenzo Montella, il tecnico che l'ha ereditato nell'estate scorsa, afflitto da una fascite plantare prima di lanciarlo in pista, oppure di Silvio Berlusconi, il presidente che lo volle, fortissimamente volle, con una spesa modica (9 milioni in tre anni) pagando di tasca propria, senza attendere il sì dei cinesi dopo la segnalazione di Christian Brocchi. Perché l'arrivo a Coverciano di Gianluca Lapadula, 26 anni, acquario, torinese di anagrafe, papà pugliese e mamma peruviana, reduce da una stagione in B col Pescara, è una di quelle favole che si possono raccontare la sera ai nipoti. Al Milan si presentò in punta di piedi: mercato al risparmio e al ribasso, si scrisse. Ha fin qui realizzato poche apparizioni, 6 presenze, spezzoni in verità, per 157 minuti complessivi, nemmeno due partite tonde tonde quindi, 1 gol a Palermo con un tacco che non è di sicuro la specialità della ditta, uno sfiorato col Chievo e molti complimenti. «Se il Milan dovesse avere lo spirito di Lapadula la Champions può diventare un traguardo alla portata», l'ultima chiosa di Montella.
L'impresa più pittoresca realizzata fin qui dal giovanotto è stata un'altra, diversa da quella che raccontano le cronache ufficiali di Milanello, e cioè mettere addirittura in crisi il primato e la titolarità di Carlos Bacca. Lapadula ha sfatato un pericoloso tabù: dopo Inzaghi, tutti quelli passati dal Milan con la maglia numero 9 sulle spalle, avevano fatto cilecca. Sembrava portasse una sfortuna sfacciata: Pato ha dovuto cambiare calcio e paese, Matri idem, Fernando Torres ritornarsene all'Atletico e da ultimo anche a Luiz Adriano non è andata bene. Lapadula ha scelto la casacca numero 9 senza fare macumbe, ha lavorato sodo tutta l'estate per smaltire il fastidioso acciacco, ha convinto lo staff e adesso, dopo il primo sigillo in rossonero, è approdato addirittura in Nazionale (sostituto dell'infortunato Gabbiadini).
Per taluni è il segno della povertà del calcio italiano, per altri della disperazione del ct costretto a chiamare un ragazzotto alle prime armi in serie A pur di lasciare a casa Balotelli, per altri ancora è il premio simbolico alla volontà di un ragazzo spuntato dal nulla. E inseguito dal rimpianto del suo ex club, il Pescara. «È una bella soddisfazione per tutti, in particolare per il presidente» dicono al Milan. Il tocco magico appunto.
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