«L'arbitro parlerà». È una bomba, ecco cosa accadrà

Lo faranno prima che il giudice valuti il loro referto. E gli ex colleghi in tv ora rischiano il posto

di Tony DamascelliColpo di scena: gli arbitri potranno finalmente parlare. Non in famiglia, al bar e con gli amici. Il fatto già avviene. Ma in tivvù, alla radio, con la stampa, roba vera, nessuno anticipo di primo di aprile, lo ha annunciato Marcello Nicchi che, degli arbitri, italiani ovviamente, è il capo. «Servirà a smorzare i toni delle polemiche del dopo partita, dal prossimo anno a due o tre verrà concessa la possibilità di parlare, ovviamente prima che il giudice sportivo prenda in esame il loro referto, dunque senza interferire sulle decisioni dello stesso giudice». Detto così sembra una cosa bella, pacifica, democratica, assolutamente normale. Poi, riflettendoci, intuisco che sta per esplodere la bomba, sento già odore di polvere da sparo, mi preparo. Il film dovrebbe essere il seguente: finisce la partitissima, superlativo che spesso viene smentito dai fatti e dai misfatti, gli espulsi sono due, gli ammoniti una mezza dozzina, i rigori non fischiati, almeno tre, quelli accordati uno solo, totale: un mischione tipico dei nostri peggiori cortili. Ma ecco la svolta epocale: finito l'agone, l'arbitro, docciato, dunque con la testa a posto, in tutti i sensi, si presenta dinanzi alle telecamere di Sky sport, Mediaset e Rai (ma perché no alle altre e in sala stampa?) e illustra l'accaduto, il motivo delle scelte, il criterio di interpretazione, rubando così il mestiere ai colleghi suoi, ex arbitri, il nuovo isolotto dei famosi, quelli che stanno spopolando nelle succitate emittenti televisive, lucidi di fard e con il capello reduce da phon, pronti a spiegare quello che loro avrebbero fatto e che mai, tuttavia, si erano spinti a fare quando erano in attività. Tutti, nessuno escluso, che ancora gli fischiano le orecchie. Potrebbe nascere una faida interna. Proseguo: la scaletta degli interventi dovrebbe prevedere l'apparizione dell'arbitro precedente quella dei due allenatori, per anticipare la diatriba. Alcuni allenatori se la cavano ormai con la solita frase: «Degli arbitri non parlo», in effetti hanno già smadonnato in campo contro gli stessi, dunque hanno esaurito anche gli allegati. L'arbitro parla e mette tutti in fuori gioco, lui ha deciso, lui ha ragione. Le immagini lo contraddicono? E chissenefrega, soltanto Concetto Lo Bello ammise, davanti alla moviola del trio Sassi-Vitaletti-Pizzul, che Morini aveva fatto il furbo con Bigon e dunque il rigore c'era tutto ma lui non l'aveva visto e dunque fischiato. Ma era il '72, altri tempi, altra razza, Lo Bello era Lo Bello, non scoppiò la terza guerra mondiale, oggi, invece, le truppe borgatare sono pronte agli assalti, che si tratti di Rizzoli o di Orsato, di Rocchi o Mazzoleni, tutti al muro, il plotone di esecuzione già carica i fucili. In verità l'annuncio di Nicchi dovrebbe riportare la calma in un football sclerato, non soltanto in Italia. Gli arbitri fanno parte del gioco, ormai la loro è una squadra, corrono in gruppetto durante il riscaldamento (la scena è ridicola come ridicoli sono i commenti degli ex arbitri che dallo studio dettano la diagnosi e la prognosi, a distanza, del loro colleghi!), si riuniscono, giurano forza e fede, sono diventati attori, alcuni statuari altri da statuetta.

Giusto, dunque, che sia arrivata l'ora d'aria per una casta di prigionieri. Sia data loro la facoltà di parlare come fanno altri giudici, togati, magistrati, piemme, ormai vedette di qualunque trasmissione televisiva. Preferisco l'arbitro, al massimo fischia un rigore ma non mi condanna.

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