Non parlate di Antonio Conte ad un salentino, leccese ma non soltanto. La reazione sarebbe stizzita, acida, terribile addirittura. Non lo sopportano, non lo possono vedere, lo insultano, lo vorrebbero chino, in ginocchio, implorante a chiedere scusa.
Dunque la partita di domani, a Torino, diventa un'arma a doppio taglio. Di qua la Juventus che cerca di avvicinarsi ancora di più allo scudetto, una impresa storica visti i precedenti di questi sei anni maledetti per il club bianconero; di qua il Lecce che tenta un altro tipo di impresa della vita: restare in serie A e portare ansia e angoscia tra gli juventini, con l'allenatore in testa, rimettendo in circuito le immagini di un pomeriggio d'estate dell'Ottantasei, con l'epilogo tragicomico del campionato, la Roma di Eriksson festante e sicura dello scudetto, prima della sfida interna contro il Lecce ormai retrocesso, il gol iniziale di Graziani e poi la rimonta incredibile dei salentini e la vittoria per tre a due, con il titolo che finì alla Juventus.
Perché i leccesi odiano un leccese così illustre? Perché Antonio Conte si sarebbe reso colpevole di due gravissimi reati di lesa salentinità. Il trentuno di agosto del millenovecentonovantasette la Juventus di Zidane, con Del Piero sostituito da Amoruso, superò a Torino il Lecce con un gol di Inzaghi e il raddoppio proprio di Conte. Il quale non si limitò a esultare ma volle festeggiare l'evento con una corsa pazza verso l'area d'angolo e, ivi giunto, si inginocchiò, portò le mani ai fianchi, fiero e goduto dell'impresa. I leccesi, quelli dello stadio e gli altri rimasti a casa, schiumarono rabbia, dimenticando che Conte fosse reduce da sette mesi di inattività per un grave infortunio, rottura dei legamenti del ginocchio sinistro, che lo aveva bloccato nell'ottobre del Novantasei durante Italia-Georgia. Il traditore andava comunque punito, il calciatore, fischiato, l'uomo, dimenticato.
Per completare il dramma epico, accadde, addirittura, che lo stesso traditore, conclusa l'attività di calciatore, andasse ad allenare il Bari, città e squadra rivale, nemica odiata e giurata. Non è finita. Il Bari, ormai salvo, espugnò il campo del Lecce che sognava la promozione e fu costretto a giocare i play off. Per non farsi mancare nulla, lo stesso Conte, fece l'inchino e la riverenza di fronte alla curva barese dopo la partita salvezza di Pisa.
Pensate, forse, che tutto questo basti e avanzi? No. Nell'agosto del Duemilaotto, Conte trascorre le vacanze dalle parti sue, Spiaggia Bella è il nome dello stabilimento balneare, partitella con gli amici e tifosi, qualcuno di questi ha la memoria lunga, ricorda il gol, ricorda linchino, ricorda la sconfitta, lo sfotte, lo provoca, gli ammolla un pugno sul naso, segue tumulto e arrivo delle forze dell'ordine.
Va da sé che questa commedia alla salentina non è affatto conclusa. Serse Cosmi (che però è squalificato) e il popolo leccese conoscono a memoria il caso e, su questo pensano di costruire la beffa.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.