di Oscar Eleni
Al corso per allenatori di Coverciano si sono stupiti quando sul banco hanno trovato l'Iliade. Cosa c'entra, signor istruttore con il quattro due quattro? Niente, ha risposto il maestro confuciano, ma se leggi bene capisci che avere Achille in squadra è già un vantaggio.
Devono averla pensata così alla Juventus il giorno in cui hanno deciso che valeva la pena fare una bella spesa per portare via Cristiano Ronaldo al Real Madrid, sacrificando perfino Higuain. Con Cristiano Ronaldo dos Santos Aveila, nato nel febbraio 1985 all'ospedale don Nerio Mendoca di Funchal, si ha l'impressione di partire sempre uno a zero per te. Un bel vantaggio psicologico, anche se la storia del calcio ci ha detto che molte volte non basta e che forse la Juventus non vincerà tutto quello che desidera in questa stagione, ma intanto si è portata avanti con il lavoro prendendosi 8 punti di vantaggio sulla seconda, uno in più della stagione 2016-17, un tesoretto alla tredicesima giornata che sembra dare garanzie come capitò a Roma (2000-01), la stessa Juve del 1950 (+9) e dell'86 (+10) o al Milan del 1993 (+12 sull'Inter).
Avere campioni del genere sgombra la mente se riesci a mettergli intorno una squadra capace di proteggerlo ed aspettarlo come ha fatto Allegri, come hanno fatto gli Achei, come è successo in tanti sport di squadra quando hanno incontrato il predestinato sulla loro strada. Pensiamo a Michael Jordan nell'epopea di Chicago in un basket che ha ringraziato il cielo quando si è trovato in campo un tipo come Larry Bird a Boston, Magic Johnson a Los Angeles e, ultimamente, Lebron James che quando si allaccia le scarpe in un posto nuovo, forse non quest'anno ai Lakers un po' troppo teneri, garantisce sicuramente una stagione da protagonista.
Succede nel baseball se hai un grande lanciatore, accade nella pallavolo quando ti capita di avere in squadra l'opposto o lo schiacciatore inesorabile e l'ultimo esempio è la nostra nazionale femminile con quella meraviglia che è Paola Egonu. Ne sono sicuri tutti i grandi della pallanuoto o pensiamo ai mitici All Blacks, nello sport più collettivo che si conosca, quando hanno incontrato Jonah Lomu, o alle squadre che avevano come calciatori Botha e, in Italia, l'argentino naturalizzato Dominguez. Un bel calcio toglie tanti pensieri dalla testa. Anche nel rugby.
Con Ronaldo la Juventus ha fatto un'operazione che poteva diventare pericolosa se la gente non avesse capito, ma in una società dove sono passati fenomeni, dove avere Sivori o Platini era già un bel vantaggio, sono abituati a trattare con la stella che aveva voglia di aria nuova dopo aver dato a Sporting Lisbona, Manchester United e Real Madrid tutto quello che potevano desiderare. Certo ci ha messo della buona volontà anche lui, magari esagerando quando ostenta la sua ricchezza, i benefici del lusso, ma prima di tutto ha voluto far sapere che era disponibile a capire. Una bella storia, per uno che sapeva cosa valeva Messi con la maglia Barcellona più che della nazionale, perché lui i suoi carichi da undici li ha messi giù nel magico 2016 vincendo la Champions, l'Europeo col Portogallo, il mondiale per club, cosa mai ottenuta da nessun altro calciatore al mondo. Sì, certo cinque Champions conquistate ti fanno entrare dovunque, ma non basterebbe se intorno ci fossero soltanto frustrati invidiosi, se lui stesso non lavorasse più degli altri in allenamento, se la società non avesse pareti solide.
Vero che qualche volta se ti senti
Golia puoi prendere una sassata sulla tempia e finire a terra, ma al momento non sembra proprio che sia così e lo si è capito nella serata non tanto magica contro il Manchester di Mourinho in una partita dominata, ma perduta.
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