L'Europa ci ridà un Var con due pesi e cento misure

L'Europa ci ridà un  Var con due pesi e cento misure

Var: due pesi e cento misure. È la dolorosa scoperta della stagione europea del calcio, scandita dai casi clamorosi di Juve-Lione e Barcellona-Napoli che certificano una preoccupante disparità di giudizio, specie nel recinto delle coppe dove si ritrovano dinanzi al video arbitri poco allenati, nei campionati domestici, all'uso del mezzo tecnologico. Scenario opposto quello italiano dove il mezzo tecnologico è diventato persino troppo invadente, capace di vivisezionare qualunque azione di un certo rilievo così da celebrare molte interruzioni e infinite discussioni, specie in materia dei tocchi di mano e della valanga di rigori assegnati nel nostro torneo post Covid. Gli episodi internazionali recenti non sono di modesta entità: al fischietto tedesco di Torino sono stati attribuiti due sfondoni clamorosi su altrettanti rigori che hanno in qualche modo incanalato l'inerzia della sfida. A Rino Gattuso è capitato di peggio, se possibile: dopo aver scheggiato la traversa con Mertens, s'è ritrovato sotto di un gol giunto dopo una spinta, clamorosa, su un napoletano. A Messi, addirittura, hanno tolto un diamante di gol senza che le immagini abbiano mai documentato in modo inoppugnabile il tocco di braccio. Sottoposti a revisione, gli episodi di sabato notte hanno ottenuto giudizi in palese contraddizione rispetto al reale svolgimento: confermato il gol del Barça, cestinato il gioiello di Messi. Roberto Rosetti, presidente della commissione arbitri dell'Uefa, e padrino del Var in versione italiana, ha riconosciuto la necessità di mettere mano al protocollo per evitare, specie per il capitolo rigori, l'applicazione schizofrenica registrata dalle nostre parti. Al proposito, meritevole, bisognerà aggiungere una nuova missione: tentare di unificare valutazioni e interventi del Var. Con uno qualunque degli arbitri di Coverciano, quei due rigori fischiati in Champions league a Torino, sarebbero stati corretti e cancellati; quella spinta, decisiva, di Lenglet poi non sarebbe passata inosservata.

Il tema di fondo è sempre lo stesso: non basta essere esperti del regolamento per compiere un

servizio efficace davanti al video, bisogna saper leggere le immagini. Non solo. In Turchia, la riforma è stata appena varata: si può spiegare così, senza essere indulgenti, le sbandate della squadra arbitrale guidata da Cakir.

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