È nei giorni difficili che si misura lo spessore di una classe dirigente. Succede in politica, succede anche nello sport e nel calcio italiano, in particolare. Il dibattito delle ultime ore scandito dalla proposta della Lega di serie A e dalla risposta scandalizzata del sindacato calciatori, è lo specchio di un sistema che continua a guardare all'interesse della propria bottega ignorando quello collettivo (leggi Lotito). Ricordiamo al pubblico dei lettori che entrambe le posizioni sono semplicemente teoriche poiché nessuno delle due parti è in grado di garantire l'adesione della categoria rappresentata. Stanno abbaiando alla luna, dunque. E anche nell'abbaiare però c'è chi si distingue per un tono questo sì inaccettabile, come quello dell'Aic, incarnato oltre che dai riccioli di Damiano Tommasi, in particolare dal volto austero dell'avvocato Calcagno che pensa così, cavalcando cioè la tigre della rottura, di guadagnarsi il voto per la prossima elezione a presidente del sindacato. A Vicenza non hanno forse capito che esiste un rischio persino maggiore rispetto a quello della crisi economica che investirà il calcio come tutte le altre attività produttive del paese: il rischio, mortale, della disaffezione del pubblico, dei suoi clienti che poi sono i tifosi di calcio. Basta dare una controllata ai social per capire il grado di disgusto che la netta chiusura rispetto alla proposta, pesante, di tagli, ha procurato. Per fortuna, in questo scenario poco edificante, è spuntata la vecchia scorza di Renzo Ulivieri, presidente dell'altro sindacato, quello degli allenatori, mai negata la sua passione per l'ultra sinistra pari a quella per il calcio. Bene: nella sua nota dopo aver definito estemporanea la proposta dei club di serie A e stroncato il tono padronale del comunicato, ha annunciato la disponibilità degli allenatori di maggiore fama ad accettare i tagli difendendo però i collaboratori «che guadagnano stipendi da operaio».
Ecco, allora, la lucidità della proposta di Ulivieri: tagli per fascia di reddito, eliminando quei collaboratori che sono in fondo alla classifica dei guadagni. Forse c'era bisogno di questa orribile sciagura per capire che nel mondo apparentemente dorato del calcio italiano c'è ancora qualcuno con la testa sulle spalle e una categoria generosa.
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