E tutti vissero felici e contenti. Inter-Juve finisce per non far male a nessuno. La Juve si scrolla di dosso una partita inquietante, ma niente più. L'Inter vede più chiaro nel suo futuro. Juve inginocchiata dal solito noto, prima di risvegliare l'istinto guerriero e quel briciolo di noblesse che fa la differenza. Mazzarri ci ha pensato appena in tempo, eppur qualcuno gli avrà raccontato che o'Canito, appunto il soprannome di Icardi, ha mira perfida contro la Signora: con quello di ieri sera sono quattro reti in due stagioni. L'istinto da gol di Icardi, solitario giustiziere nerazzurro, l'istinto di sopravvivenza della Juve interpretato dalla spietata esecuzione di Vidal, due minuti più tardi, sono stati i colpi di pennello che hanno restituito a questo derby d'Italia colore e sapore di una partita viva, di una rivalità mai doma e che non poteva sorreggersi soltanto sugli sguardi cupi dei due tecnici, sul tanto vociare circa la loro antipatia, e non invece sui colpi di classe di giocatori pagati buoni milioni. Sarebbe stato un insulto alla storia e alle speranze di un campionato che voleva capirci qualcosa di più.
Al tirar delle somme qualcosa si è intuito: Inter difensivamente molto più quadrata grazie alla presenza decisa e consistente di Campagnaro, squadra votata a stare indietro, quasi a testuggine, magari non altrettanto istintiva e rapida nel giocare e pensare il contropiede. Se Mazzarri metterà a punto le due fasi potrà far male molto più.
Poi, intendiamoci, non è che le zucche diventano carrozze: Inter dalle solite distrazioni difensive che hanno rischiato di farle ingoiare tutta l'esaltazione di pochi attimi quando Isla, negli ultimi minuti, ha dimostrato di avere a cuore le sorti nerazzurre e, magari, di sentir rammarico del non essersi trasferito a Milano, calciando maldestramente a lato un pallone che gridava al gol, dopo una respinta-paratona di Handanovic sul colpo di testa di Vidal.
A quel punto la Juve avrebbe riaggiustato partita e senso delle dimensioni fra le due squadre. La squadra di Conte è molto più sicura di sé, lo ha dimostrato per un tempo galleggiando fra palleggio un po' troppo insistito e magari un po' di latitanza al tiro. L'idea di far giocare Vucinic dopo l'infortunio in nazionale non è stata fra le migliori: troppi colpi di tacco e poca efficacia. Tevez ha navigato fra caviglie e gambe infilando il suo rabbioso giocare, ma ha trovato poche volte lo spazio al tiro. Che poi Vidal sia il miglior cannoniere juventino in campionato dice qualcosa sul modo di servire gli attaccanti.
Juve forse un po' noiosa nel movimento del centrocampo, poco rassicurante nelle giocate di Pirlo. Squadra che ha lasciato campo e iniziativa agli avversari nel secondo tempo e l'Inter ha sfruttato quel che i campioni d'Italia le hanno offerto. Valga l'errore di Chiellini sull'azione che ha permesso ad Alvarez di sfruttare l'incertezza e lanciare Icardi al gol. Che poi Alvarez abbia restituito il piacere, dimenticando chiudere proprio su Vidal, è storia tipica da Inter.
Primo tempo giocato sul filo di una partita a scacchi nella quale l'Inter è stata contratta, forse titubante, la tattica ricordava quella di Napoli e Lazio l'anno passato a Torino: difesa chiusa e vediamo di far male in contropiede. Alla squadra di Mazzarri andò malaccio, molto meglio ai laziali che pareggiarono. La Nerazzurra ha copiato l'idea e ne è uscita bene: per merito di un centrocampo più quadrato e di quei colpi di pennello che, nella ripresa, hanno messo la Signora in difficoltà. Facendo due conti: primo tempo chiuso in parità pure nelle occasioni da gol, la ripresa ha sviluppato la guerra fra titani fisici (Pogba-Guarin), e la difesa Juve ha vacillato un po'.
Derby ad effetto strano: oggi la Juve, dopo 78 partite in testa, potrebbe aver davanti più di una squadra. Eppure sembra sempre la più forte.
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