"L'Inter non si creda la più forte. Sennò finisce come il Napoli"

Intervista a Massimo Moratti. Il presidente più vincente della storia nerazzurra non ha dubbi: "È l'unico rischio che potrebbe correre questo gruppo"

"L'Inter non si creda la più forte. Sennò finisce come il Napoli"
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Come il padre che dietro la tenda osserva i passi del figlio cresciuto che si allontana. Nessuno ha messo in bacheca come Massimo Moratti 17 titoli alla guida dei nerazzurri. Lui ha fatto l'Inter più grande della Grande Inter di papà Angelo. Anche per questo, le sue parole educano al futuro, raccontando la storia di famiglia: «Senza Calciopoli, gli scudetti sarebbero 25», ha detto poco dopo l'accensione della seconda stella. «Magari anche 28», gli ha fatto sponda un'altra bandiera come Sandro Mazzola, ritoccando al rialzo la stima.

Presidente, a distanza di qualche giorno, quanto sono più dolci parole e pensieri?

«In un primo momento, la bellezza è nel raggiungimento dell'obiettivo. Poi ne prendi consapevolezza, capisci il significato, quando ti risvegli vedi che è tutto concreto, tutto positivo. E lo è ancora di più quando realizzi che hai corso il rischio di non realizzarlo».

Ora il rischio qual è?

«Quello di pensare di essere così forti da prendere sottogamba gli impegni futuri. Chiaro, uno non lo fa consapevolmente: ma la vittoria ti mette in condizione di sentirti superiore. Superiori noi lo siamo stati, ma ogni anno le cose cambiano. Anche il Napoli dello scorso anno sembrava imbattibile».

Inzaghi poco più di un anno fa sembrava traballante, poi una finale di Champions e la seconda stella. Quale il merito più grande?

«Il lavoro, l'abnegazione, la serietà e la pazienza che ha avuto. Inzaghi è stato bravissimo, ma non sorprendente: non è stato un guizzo, la costruzione del successo è arrivata mattone dopo mattone».

Una vittoria anche di Marotta

«Sì, certo, ma non sottovalutiamo il presidente. Perché poi le decisioni le prende lui».

Lo scudetto di Zhang, vissuto a distanza, ha lasciato un po' di amaro in bocca al tifoso?

«Non credo faccia apposta a stare via, fosse per lui sarebbe qui».

A proposito della sua frase sui 25 scudetti, se non ci fosse stata la Juve: non crede che il tifoso dell'Inter senta il bisogno di un presidente che possa dire anche questo?

«Io ho avuto la fortuna di vivere la storia dell'Inter per tantissimi anni: conosco i risvolti ed è normale che si possa parlare e divertirsi con i tifosi. Ciò non lo si può pretendere da un presidente che è nel ruolo da pochi anni. Zhang è attentissimo ed educatissimo, ma non gli si può chiedere di avere dentro questo approccio».

Dalla Juve al Milan per parlare di un ex Inter come Pioli. Più paziente lui o il club nel dargli pazienza?

«Le faccende Milan le seguo relativamente. Lui si è comportato bene, ma la gente giustamente vuole di più. Alla gente devi lasciare un sogno, il calcio è così seguito anche per questo. Avere un sogno è anche un rischio ed è possibile che la pazienza sia finita».

L'Inter rifinanzia il debito: si sposta il problema o problema non è?

«Tutte le squadre non stanno benissimo da un punto di vista finanziario ed economico. Tutte lottano con i debiti. Non conosco l'operazione, ma demandare il limite con una Champions così ricca come quella che ci aspetta potrebbe dare la possibilità di superare il problema».

Si gioca già tanto, si giocherà ancora di più: troppo?

«Gli impegni aumentano, ogni competizione ha la propria dignità e la propria storia. Ci sarà anche il Mondiale per club, sembra che ogni squadra debba avere 37 titolari. Aumenteranno gli incassi, sì, ma anche le spese».

Il tifoso che deve credere nei sogni, deve credere anche nei fondi che gestiscono i club?

«Nell'Inter il problema ha una portata minore. Perché è vero che si affida a un fondo per il debito, ma il presidente e la famiglia ci sono. Poi, come successe ad esempio con Elliott, puoi non sapere quanto durerà la gestione. Se i fondi spersonalizzano il calcio? È il grosso rischio che si corre, ma bisogna abituarsi».

Lei fa dei distinguo, ma passiamo alle analogie: tra l'Inter di Inzaghi e quella del Triplete?

«Analogie non ci sono mai. Questa impresa vive di suo, vale la seconda stella, l'Inter ha giocato un calcio ben diverso dal nostro o da quello di Herrera, per citare un altro periodo molto buono. L'unica analogia è il tifoso, che accoglie questi risultati con entusiasmo».

Questo successo ha cancellato

il derby perso due anni fa, che sarebbe coinciso anche con un campionato perso?

«Lo ha cancellato senza dubbio, adesso basta. Il passato è meraviglioso, sia per le vittorie che per le sconfitte. Ma è il passato».

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