Per cominciare, e nel tentativo di spiegare la batosta rimediata al debutto in Europa league dalla famosa Inter cinese, sono indispensabili un paio di avvertenze. La prima: quella di ieri sera non era l'Inter che vedremo misurare lo spessore della Juve domenica sera qui a San Siro e non solo perché vestita con una divisa (verde che sfuma nell'azzurro: sembra una lattina, sfottono sulla rete) improbabile. Pochi titolari, un paio in tutto, Handanovic (per fortuna) e Murillo che non è riuscito certo a blindare la difesa. Tutti gli altri, che pure avevano molto da dimostrare, sono da considerare le seconde linee che il nuovo tecnico olandese sta cercando di mettere alla prova. La seconda avvertenza: nonostante lo schieramento da amichevole del giovedì allestito, la figuraccia rimediata, specie nella ripresa, da Melo e soci, non ha giustificazioni. Così, un po' alla volta il successore di Mancini ha richiamato dalla panchina prima Banega per l'inutile Brozovic (e questo sarebbe il doppione di Joao Mario? Ma ci faccia il piacere...), poi Candreva per prendere il posto di uno stralunato Biabiany che sembrava atterrato da un altro pianeta calcistico e infine Icardi con Felipe Melo fischiatissimo dalla sua stessa curva.
D'accordo: era la prima volta che giocavano tutti insieme, specie dietro, dove Ranocchia non viene considerato propriamente degno della stirpe dei Guarneri e Picchi, poi Felipe Melo non è esattamente quello che serve al centrocampo per rammendare il gioco, infine Palacio non è di sicuro un centravanti, ma tutto ciò non può spiegare la resa. Fischi meritati dopo il golletto di un difensore, Miguel Vitor, arrivato di soppiatto alle spalle del mucchio interista per la deviazione vincente, applausi di scherno dopo il 2 a 0. Intendiamoci: Handanovic ha avuto il suo bel da fare per ridurre al minimo i danni di una squadra senza un capo e neanche una coda, anzi senza una difesa decente, tanto da dover rimediare almeno tre volte a duelli persi dai suoi sodali. Si è arreso, a metà della seconda frazione, a una punizione di Buzaglo, che è sembrato il miglior Pirlo per la capacità di calciare sopra la barriera una traiettoria velenosa, la famosa «maledetta» che si è abbassata all'improvviso infilandosi sotto l'incrocio dei pali.
Raccontato dell'unico tiro in porta interista del primo tempo (palo di Eder, il meno peggio della compagnia, più una punizione di Candreva nella ripresa), bisogna tornare agli ospiti per descriverne i meriti e la provenienza. Arrivano da una città, Be'er Sheva (l'ex bomber ucraino non c'entra niente), che si trova nel sud di Israele: è il centro più popoloso situato nel bel mezzo del deserto del Negev, chiamato altrimenti «dei sette pozzi» e poiché, alla fondazione, in molti sono arrivati dalla Russia è diventata una scuola rinomata per giocatori di scacchi.
Da ieri sera possono menar vanto anche nel calcio perché, davanti a un migliaio di tifosi, hanno messo in mostra corsa e geometrie così da meritare il successo nobilitato dalla spettacolare traversa pizzicata da Ben Bitton e anche qualche lode del vecchio cronista. Meritati i canti del loro popolo.
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