L'intervista all'ex Walter Alejandro Gargano

nostro inviato ad Appiano Gentile

In Uruguay lo chiamano El Mota, il granello, perché è capace di nascondersi in una ciotola di riso e uscire nel momento migliore. In genere ruba la palla e neanche si vergogna, cinque anni a Napoli e adesso ci gioca contro: «Tanti, tantissimi ricordi, ma appena l'arbitro fischia io non ho più amici».
Eccolo qui Walter Alejandro Gargano Guevara, di Paysandu, padre muratore, Walter di nome come lui: «E se non avessi fatto il calciatore, quello sarebbe stato il mio mestiere».
Poi la vita è cambiata quando è arrivato il Napoli...
«Sì, nel 2007, e lì ho conosciuto Miska, la sorella di Hamsik. Lei mi aveva visto in foto e aveva chiesto notizie, una sera eravamo fuori a cena e ho detto a Marek “Mi siedo vicino a tua sorella, così...“. Ci siamo sposati e abbiamo due figli bellissimi, Matias e Thiago, napoletani».
Adesso magari nasce anche un milanese...
«Vediamo, Miska è così giovane. Loro sono una famiglia speciale, Marek per me è un fratellino, ci confidiamo cose che vanno oltre l'amicizia e suo padre è come un fratello maggiore».
Sarà emozionante averli come avversari domenica sera...
«Tanto sentimento ma per me non sarà una rivincita, anche se quando ho lasciato Napoli qualcuno ha detto e scritto cose non vere che mi ha poi attribuito. Chi ha fatto questo sa di chi parlo. Ma non è vero che sono andato via perché non mi sentivo più importante nella squadra. Penso solo che se ti dicono che sei in forma, poi alla domenica ti schierano».
I tifosi...
«Non tutti, ma a Napoli i fischi ti arrivano, vogliono sempre che dai il massimo, io e Lavezzi non potevamo sbagliare un passaggio. Dai il massimo ma magari non c'è qualità e i tifosi del San Paolo si fanno sentire».
La scorsa stagione Inter-Napoli è stata una tragedia, rigore su Maggio per fallo fuori area, rosso a Obi, Moratti infuriato con Rocchi, espulso Ranieri alla sua seconda panchina, aveva iniziato bene vincendo a Bologna, poi siete arrivati voi e avete rovinato tutto.
«Mi ricordo benissimo, l'arbitro sbagliò, ma noi avevamo preparato la partita contro l'Inter come se fosse una finale. Volevamo far vedere a San Siro le nostre qualità. Conosco bene Napoli, sarà così anche questa volta».
E non c'era Cavani...
«Eravamo assieme al Danubio, grande persona, un campione, uno dei migliori dieci al mondo. Al Napoli non c'è solo lui, ma Edinson è cresciuto tantissimo».
L'Inter spera che cresca anche l'altro suo uruguaiano, Pereira...
«L'impatto con il calcio italiano è durissimo, qui la tattica è fondamentale, non è così in Uruguay e non è così in Portogallo. Qui i bambini iniziano a imparare certe cose a sette anni, chi viene da altri campionati fatica, avrebbe difficoltà anche il più forte del mondo, ma Alvaro ha giocato ad altissimi livelli e ha vinto in Europa. Io sono qui da cinque anni e ancora devo imparare. Mi manca ancora tanto, se il top è dieci, credo di essere a sette e ho tanta voglia di fare grandi cose qui».
Ma dopo i tre punti di Torino, cosa vi è successo?
«Io penso che 14 o 15 giocatori non possono giocare sempre. C'è il campionato e l'Europa league alla quale teniamo moltissimo, c'è bisogno di dare spazio anche agli altri e vi assicuro che sono già dei grandi. Abbiamo cambiato molto e ci sono tanti giovani, nessuno sa aspettare ma dobbiamo lasciarli crescere».
Com'è con Sneijder?
«Se la veda lui con la società».
Intanto la Juventus se n'è andata e Bonucci vede il Napoli come principale antagonista...
«Preciso: noi non inseguiamo nessuno.

E Bonucci può dire quello che vuole, i conti li faremo alla fine. Credo che nessuno si aspettasse l'Inter in questa posizione di classifica, siamo come la Fiorentina».
E se battete il Napoli?
«Diamo un segnale a tutti»
Ma lo scudetto?
«Noi ci pensiamo».

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