L'italcalcio non ha papi ma parroci

di Tony Damascelli

Gli assenti non hanno ragione. Nel calcio capita così. La lista europea di Conte non spiazza nessuno ma restano i soliti dubbi. Perché Bonaventura non può far parte del gruppo che partirà per la Francia? Per colpa sua? Per colpa del Milan? Per comportamenti inadeguati? Perché non ha partecipato attivamente alla qualificazione? Perché conta due sole presenze, 120 minuti in tutto, contro San Marino e Albania e dunque non ha convinto il ct? Se così fosse si tratterebbe di alibi non robustissimi, perché Bonaventura è l'unico centrocampista largo o trequartista esterno, capace di inventare una giocata e di andare al tiro.

È anche vero che in quel settore c'è gente in coda ma debbo ritenere che il ragazzo non abbia offerto prove convincenti in questa fase di studio e di decisioni definitive. Se il suo taglio non è del tutto comprensibile, non era comprensibile la convocazione di Jorginho, passato del tutto inosservato in una stagione eccellente del Napoli. Il convento italiano non garantisce papi e cardinali, trattasi piuttosto di parroci, utilissimi per la necessità ma non adatti a grandi platee. Si sono bloccati Marchisio e Verratti, elementi che, per esperienza e talento, avrebbero sollevato dalla tensione l'allenatore; all'ospedale da campo si è presentato poi Montolivo; quindi la rinuncia a Pirlo e Giovinco, totale: una moria e una serie di scelte che ha portato Conte non soltanto a scremare ma a vedere abbattuta la cifra tecnica e di personalità della squadra. Aggiungo che non basta il blocco difensivo della Juventus per vivere tranquilli, perché quello è stato di assoluto livello grazie al resto della comitiva, tutta straniera. L'Italia dei 23 ha un solo fuoriclasse: Buffon, il resto è ciurma, gruppo, spogliatoio, roba necessaria, indispensabile per sfidare Golia e soci.

Le scelte di Conte saranno discusse fino al fischio finale dell'ultima partita ma nessuno può rimpiangere, oggi, l'esclusione di un campione a beneficio di un gregario. Non ce ne sono, stop. Due anni fa eravamo nelle mani di Balotelli e Cassano, di cui si sono perse le tracce anche nelle sfide scapoli ammogliati. Oggi non abbiamo teste calde, capricciose e fenomeni screanzati. Forse soltanto Insigne rischia, ogni tanto, di guardarsi allo specchio chiedendo chi sia il più bravo del reame.

Con Antonio Conte lo specchio potrebbe finire in frantumi, il ragazzo dovrebbe avere capito che a Montpellier si suderà molto più che a Posillipo. Tredici, i giorni di attesa al debutto, ventitré il numero dei convocati, uno, l'allenatore. Giocateli al lotto. L'Italia giocherà a pallone.

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