LONDRA 2012

Nostro inviato a Londra
Hanno detto: tocca a voi ragazzi. È il momento. Non è l'età che fa le generazioni. Non sempre. Vale per la nostra scherma, con Di Francisca ed Errigo ma non per il nuoto americano. Ryan Lochte è il nuovo pur essendo più vecchio di Michael Phelps. Un anno che vale la controintuizione dello sport: è il turno dell'altro. Il nuovo mostro che è pronto a prendere il posto di quello che ha vinto tutto e vuole ritirarsi. Phelps che non vince i quattrocento misti era previsto. Non che arrivasse quarto, invece. Giù dal podio mister otto ori di Pechino, lo squalo cannibale che quattro anni fa vinse ogni gara. Lo capisci dalla faccia che non se l'aspettava: sembra stordito dalla sconfitta.
Eppure ha perso già ai mondiali dell'anno scorso, Michael. Da Lochte, di nuovo. E ha perso anche ai trials americani, pochi mesi fa. Sempre Ryan davanti. Ryan l'amico fino a un certo punto. Cresciuti insieme: stesse vasche, stessa acqua, stessa vita. Poi Phelps è diventato un mito e Ryan s'è accontentato delle briciole. Il primo degli umani. Diciassette volte di seguito sconfitto quando contava. Il giro è cambiato e quell'anno non conta: Lochte è la nuova generazione. Più vecchio di un anno, ma ringiovanito dalla fame di fama. Lo vedi da come sorride a favore di telecamera: è l'opposto di Michael. Bello e fotogenico, al contrario del rivale. E' un tipo vistoso, uno che sul suo sito internet ufficiale posa da modello più che da atleta: gli piacciono gli abiti, gli accessori, uno che a volte s'addobba come i rapper. Lo si vede con le scarpe fluorescenti, con le t-shirt larghe, con tutto quello che Phelps non metterebbe mai.
Londra aspetta di capire solo se lo supererà o no: Phelps s'è preparato per entrare nella storia, non certo per vincere i 400 misti. Non cercava quest'oro. Vuole gli altri: quelli che gli permettano di diventare la leggenda assoluta delle Olimpiadi, l'atleta più medagliato di sempre. Lochte, invece, guarda più in là: al posto che Michael sta lasciando e che è diventato suo. La superstar dei prossimi anni, la nuova faccia dell'America ai Giochi. Con l'atletica che arranca, agli Stati Uniti resta il nuoto: Ryan garantisce almeno fino a Rio 2016. Oggi non c'è nessuno che possa pensare di batterlo una volta che Phelps avrà lasciato le piscine.
È una sfida emotiva più che fisica, la loro. Cambia l'obiettivo, la prospettiva, gli stimoli. Phelps arriva a Londra e dice: «Questa è la mia ultima Olimpiade». È un fenomeno in dismissione, pronto per altro. Cosa? Non si sa. Vuole chiudere da numero uno di sempre e basta. Fotografa i giornalisti in conferenza stampa per dire: non ci vedremo più, almeno non tanto presto. Si vuol prendere la storia per tramontare come il miglior sole che abbia mai illuminato lo sport. È come se dice a Locthe: prenditi il futuro. Ryan è stato geniale ad aspettare, convinto che la sua forza prima o poi gli avrebbe permesso di essere come quei ragazzi che studiano, studiano, studiano e poi arrivano alla perfezione.

Geni confezionati dal lavoro, oltre che dal talento. Parla così, da un po' di tempo: «Il duro lavoro paga». È la forza di chi sa stare in scia e aspettare il suo momento. Quello di Lochte sta arrivando. Anzi è già arrivato, ma conviene aspettare fino alla fine.

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