Alla fine la MotoGp si regala un finale da sogno. Infatti sarà l'ultimo atto ad assegnare un mondiale tenuto aperto a tutti i costi, anche quello di far perdere credibilità alla classe regina del motociclismo. L'ultima settimana passerà alla storia tra gare flag to flag, bandiere nere e gomme che si sbriciolano in Australia e il fine settimana del Giappone compresso in due giorni con programma rivoluzionato tra elicotteri smontati, nebbia, pioggia e addirittura un terremoto.
A Motegi vince Jorge Lorenzo in sella alla Yamaha e sulla pista di casa Honda. Il massimo, perché il campione in carica si porta a tredici punti da Marc Marquez e tiene aperto un campionato che fino a due settimane fa aspettava solo di celebrare il più giovane iridato di sempre. Invece, una regia perfetta, assegnerà il mondiale iberico a Valencia, in Spagna, il prossimo 10 novembre. A contenderselo due spagnoli, appunto Marquez e Lorenzo che col successo di Motegi sale a quota sette vittorie stagionali contro le sei del leader della classifica, al quale basterà comunque un quarto posto per stappare lo champagne ed entrare nella storia.
Il merito di Jorge è quello di aver trasformato un epilogo scontato in un finale avvincente. Ci ha messo molto del suo. A Motegi ha centrato la quarta pole sul bagnato, poi nel warm up ha messo a punto la sua Yamaha mentre Marquez per l'ennesima volta finiva nella ghiaia. Quindi Lorenzo ha recitato il solito copione in gara tentando la fuga fin dalla prima curva. E conducendo dall'inizio alla fine senza soluzione di continuità centrando la vittoria numero 200 della Yamaha tra 500 e MotoGp. Azzardando anche nella scelta delle gomme (morbida al posteriore) e adattandosi al meglio all'asciutto, condizione in cui non si era mai girato. L'unico neo è non aver trovato alleati perché Valentino Rossi ha coperto la sua fuga solo per poche curve, poi complici due lunghi è scivolato fino al dodicesimo posto per risalire quindi al sesto finale. Il dottore fa mea culpa: «Ho fatto degli errori, soprattutto il secondo perché non ho imparato la lezione del primo. Potevo finire quarto, ma non salire sul podio». Dani Pedrosa, invece, non ha tirato scherzi al compagno di squadra e così Marquez si è accontentato di un preziosissimo secondo posto. Nona tripletta spagnola come quella a stelle e strisce del 1989.
A Valencia probabilmente arriverà la decima.
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