Finalmente è finita. Si, insomma, cominciavamo ad averne piene le tasche. Con tutto il rispetto, naturalmente. Ma è un anno che annunciavamo, annunciavano, annunciava (Agnelli), la fine dalla storia. L’ultimo girone d’andata di Del Piero, l’ultimo starnuto, l’ultimo soffio d’aria, l’ultima possibilità perché rimanesse, l’ultima spiegazione del perché non poteva rimanere, l’ultimo partitone, l’ultimo gol, l’ultimo scudetto, l’ultima lacrima, l’ultimo festeggiamento, l’ultima settimana d’allenamento, gli ultimi consigli di Conte. Eppoi si è ricominciato: l’ultima trasferta, l’ultimo sguardo prima di cominciare, l’ultimo minuto di silenzio, l’ultimo ingresso in campo con la manina innocente del nipotino di De Laurentiis, incosciente di passare alla storia per essere l’ultimo bambino che ha accompagnato Del Piero al centro del campo.
Non contenti, ce lo siamo guardati sul campo, Alex con quell’ultima maglia fatta su misura per la sua ultima storia, il suo ultimo atto d’amore, quel patch da lui disegnato e applicato sulla maglietta, con l’ultima colla comprata da Agnelli per soddisfare l’ultimo desiderio del suo ultimo capitano.
Roba da farsi venire il mal di testa, soprattutto guardando una partita che, per essere l’ultima, ha dato un impulso ultimativo a chi si fosse stufato di Del Piero. Non tanto perché abbia giocato male, ma perché c’è voluto troppo per capire se fosse il suo ultimo tocco d’arte o l’ultimo tocco e basta. Legandosi all’idea dell’ultimo, e poi più, a qualcuno saranno venute le ultime lacrime e, ai nemici o presunti tali, gli ultimi sorrisi. Alex ci ha messo almeno 17 minuti per comparire nella sua ultima partita. E quando finalmente l’ha fatta, ci siam tutti detti: finalmente non si è dimenticato che questa è l’ultima. E Lui non ci ha voluto deludere ed ha sfornato il meglio, e il peggio, di quest’ultimo repertorio che finirà nella cineteca dell’ultima(?) Rai e privilegerà l’ultimo ricordo. Dunque ecco l’ultimo tiraccio di punta e l’ultimo lamento all’arbitro per il sentirsi maltrattato, l’ultimo volo per un intervento killeristico di Aronica e l’ultima punizione calciata sulla barriera. L’ultimo corner calciato con dubbio effetto e l’ultima arrabbiatura con un compagno. Lo sfolgorante ultimo colpo di tacco e l’ennesimo ultimo devastante fallaccio subito da quel Campagnaro che forse non aveva capito che questa era l’ultima partita con la Juve e Del Piero voleva uscirne, per l’ultima volta, almeno indenne fisicamente. Ma, godimento ultimo, da quel fallaccio ne è sortita una delizia per la gioia e per il rimpianto dei cultori del bel calcio: sì, una di quelle punizioni che spesso sono state ultimative per il risultato, ma stavolta hanno permesso a De Sanctis di togliere ad Alex l’ultima soddisfazione. E di fare l’ultima bella figura sua davanti ad Alex.
A quel punto Del Piero deve aver trovato qualche problema. Cosa inventarsi ancora per esaltare quest’ultima serata bianconera? Per esempio, l’ultimo fuorigioco mal fischiato dall’arbitro. Lui scatta, l’altro sbaglia. Eppoi inventarsi il furor di popolo, levar le mani al pubblico suo per dire: su, fatevi sentire per l’ultima volta. Il fotografo a quel punto ha scattato l’ultima fotografia di un Del Piero capopopolo. Lui, che in questa settimana si è concesso l’ultimo bagno di popolo bianconero, firmando migliaia di ultimi autografi bianconeri, sfidando l’ultimo crampo dello scrittore pur di lanciare l’ultimo successo editoriale.
Poi l’ultimo richiamo dalla panchina, forse improvviso. L’ ultima scena è questa: ultimo passaggio a vuoto prima dell’ultimo cambio, ultimo salutino veloce allo stadio, ultimo applauso alla folla, ultima tuta sulle spalle. Massì, meglio così. È mancato l’ultimo gol, fatto o sbagliato. Resterà l’ultimo rimpianto. Rimarrà negli occhi quell’ultimo nello Juventus stadium.
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