Qatar 2022

Quella maglia "velata" è un segnale inquietante

Se Lionel Messi è il re del mondo, se il suo è il piede di Dio come l'abbiamo celebrato inebriati dalla partita più bella di sempre, allora mettiamoci il cuore in pace

Quella maglia "velata" è un segnale inquietante

Se Lionel Messi è il re del mondo, se il suo è il piede di Dio come l'abbiamo celebrato inebriati dalla partita più bella di sempre, allora mettiamoci il cuore in pace: non sarà oggi, non sarà domani ma un velo ci sottometterà. Il re del Qatar, l'emiro Al-Thani, c'è riuscito con il re del mondo, figuriamoci con noi sudditi tifosi di quello stesso re. Noi popolo trasversale dello sport, noi appassionati e distratti, noi ingenui e instupiditi dalle narrazioni sui campioni, noi che non vogliamo ancora capire come una generazione di emiri e sceicchi laureati tra Oxford e Harvard abbia da oltre un decennio avviato una geniale campagna di conquista dell'Occidente senza l'uso di rozzi carri armati ma porgendo pericolose carezze utilizzando fiumi di denaro. Fiumi maestosi come le cinematografiche mazzette che hanno rovinato l'immagine dell'istituzione europea ma anche le lecite acquisizioni sul libero mercato di brand occidentali, quote di aziende, grattacieli, hotel, grandi magazzini, club di calcio e persino la discussa e torbida assegnazione di questo Mondiale. Fiumi di denaro che solo quando inondano lo sport penetrano in profondità perché siamo senza difese quando tifiamo. Come domenica sera. La maglia della nazionale è una bandiera, quando mai è venuto in mente a qualcuno di coprirla, velarla, violentarla? Abbiamo visto Maradona con il poncho a Mexico '86? O gli azzurri campioni nel 2006 con bretelloni e Lederhosen sopra il polpaccio? Per carità. Solo che il ricco mondo arabo ha capito che con lo sport ci si insinua e che nello sport, come metafora di vita, si sperimenta fin dove spingersi. E allora ecco che il Gp di F1 cambia sede per rispettare il Ramadan però che importa se i bolidi corrono a Pasqua; ecco che la maglia di una nazionale può essere velata. In fondo non c'è nulla di più potente di un gesto in mondovisione durante l'inebriante perdita di conoscenza dell'Occidente nei riti sportivi. Un gesto indica la via. Tommie Smith usò un guanto nero sul podio per dire al mondo che il razzismo andava combattuto; il re del Qatar, velando Messi, ci ha detto dove sta o deve andare il mondo. E noi a festeggiare e applaudire per la più bella partita di sempre.

La partita è un'altra.

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