Dopo tanti mesi di silenzio, circa un mese fa, la Figc ha deciso di rompere gli indugi e di puntare tutto su Roberto Mancini per risollevare le sorti della nazionale italiana. Dopo la debacle del mese di novembre contro la Svezia che ha portato l'esclusione dai Mondiali in Russia dell'Italia, serviva una figura forte per ripartire con l'ex tecnico di Inter e Manchester City che ha avuto la meglio sulla concorrenza. Mancini ha già diretto tre amichevoli dell'Italia e sono arrivate una vittoria, per 2-1 contro l'Arabia Saudita, un pareggio contro l'Olanda, per 1-1, e una sconfitta contro la rodata e forte Francia di Deschamps, per 3-1. Il neo commissario tecnico dell'Italia, però, ha le idee chiare e ai microfoni di GQ ha parlato degl obiettivi e di Federico Chiesa:"Ora penso a qualificarmi per l’Europeo e poi a disputarlo alla grande, io gioco sempre per vincere. Ma confesso che l’idea del Mondiale, visti i precedenti, già mi frulla in testa. Chiesa? Ogni tanto mi fermo a osservarlo, perché con lui viaggio nel tempo. Federico è identico a Enrico, le stesse finte, la stessa accelerazione, un tiro molto simile. Quest’anno ha segnato poco in relazione alle potenzialità, ma è il classico talento che può esplodere in qualsiasi momento anche dal punto di vista realizzativo. Io me lo aspetto".
Mancini ha poi parlato del suo grande pupillo Mario Balotelli: "Per Balotelli provo affetto, è ovvio, ma il suo ritorno in azzurro ha motivazioni esclusivamente calcistiche. Mario ha soltanto 28 anni, e quindi fa ancora in tempo a prendersi tutte le soddisfazioni che desidera perché al suo background fisico e tecnico ha aggiunto l’esperienza. Insomma, è cresciuto in tutti i sensi. Considerato che la Nazionale è destinata a perdere lo zoccolo duro che ci ha tenuto a galla fino al flop con la Svezia, ho bisogno di nuovi leader. Mario ha l’età e la credibilità tecnica per farlo, e per fortuna non è l’unico". Il ct ha poi ricordato il suo rapporto molto conflittuale, da calciatore, con la maglia della nazionale italiana: "In un ambiente come quello della Nazionale occorre parlarsi molto, perché le rabbie e le amarezze latenti ci sono sempre. Io non sono riuscito a emergere in azzurro, e sì che il talento non mi mancava, perché non ho mai avuto l’opportunità di giocare le cinque partite di fila che mi servivano per “entrare” nel motore della squadra. Una gara modesta, e Vicini la volta dopo mi lasciava in panchina.
Io mi arrabbiavo, e sbagliavo, perché in Nazionale devi alzare il tuo livello di gioco. I compagni sono tutti forti, ragazzi selezionati, visti e rivisti, sicuri. Non puoi pretendere strada libera per sei mesi a prescindere da quanto mostri in campo. All’epoca lo sognavo, ed ero un ingenuo".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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