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MANCUSO OPERATA A UN'ANCA SALTERÀ TUTTA LA STAGIONE

Dopo Anna Fenninger, un'altra grande atleta deve dire addio alla stagione di sci alpino. La slalonista statunitense Julia Mancuso ha subito un intervento all'anca che la costringerà a una lunga riabilitazione fino a marzo. L'americana mira all'appuntamento con i Giochi olimpici invernali del 2018.

«La Carla? Una donna straordinaria, avanti sui tempi, ancora in buona salute. Ma non vuole saperne di ricevere qualcuno, con i giornalisti e i fotografi poi è in guerra. L'anno scorso non volle venire neanche al centenario dello sport pavese. Sarà un'impresa anche per nipoti e pronipoti festeggiare domani i suoi 100 anni», è il ritratto che Luciano Cremonesi, delegato Coni di Pavia, fa di Carla Marangoni, medaglia d'argento alle Olimpiadi di Amsterdam 1928, l'unica ancora vivente al mondo di quell'edizione. «Sta schiscia», aggiunge un ciclista anzianotto, incuriosito dalla mia attenzione verso questa signora che a Pavia è un monumento, e non solo per esservi nata il 13 novembre 1915, nel pieno della prima guerra mondiale. "Sta schiscia", nel senso che vola bassa, non cerca ribalta, a suo agio solo con se stessa. «Se vuole farle un dispetto, la cerchi al telefono o le bussi al portone», il consiglio finale. Peccato. Sarebbe stato emozionante incontrarla, parlarle, rivivere con lei l'incrocio fra due secoli così innovativi e bastardi. Magari partendo da quella giovanile esperienza in Olanda. A meno di 13 anni, Carla Marangoni fece parte della squadra italiana di ginnastica che ai Giochi di Amsterdam, aperti finalmente alle donne, conquistò il secondo posto nel concorso generale a squadre dietro le ragazze di casa. Per il nostro sport al femminile fu una prima storica volta.Erano in 12, la magnifica dozzina. Sui giornali di allora venivano etichettate come "le piccole ginnaste di Pavia". Più bambine che ragazze. Gina Giavotti, la più piccola, soprannominata Popolo per il fatto che i suoi abitavano nelle case popolari, non aveva neanche 12 anni. Poi c'era Carla con i suoi capelli a caschetto. Così scrisse il "Balilla", giornale di quel tempo: «Carla Marangoni e "Popolo" erano le più piccole della squadra, più birichine e disinvolte: per questo sono state incaricate di recare alla Regina d'Olanda l'omaggio della nostra patria. La Regina domandò se sapevano giocare a foot-ball "Altro che!", ha risposto Carla». Già, quella ragazzina, con i capelli a caschetto, si divertiva anche a prendere a calci il pallone. «Avanti sui tempi», diceva Cremonesi. Giusto. A differenza delle compagne continuò a far sport fino ai vent'anni. Fu tra le primissime donne in Italia a prendere la patente automobilistica e quella nautica. A Ceriale, in provincia di Savona, dove ama passare l'estate, non disdegnava di mettersi in topless. Diplomatasi ragioniera, lavorò a lungo presso la Motorizzazione di Pavia: e come poteva essere altrimenti vista la sua passione per i motori? Ancora oggi ricorda le corse con la Fiat 600 Super. Mai sposata. «Come avrei potuto fare tutto quello che volevo, giri in auto, in bicicletta, arrampicate in montagna, se avessi avuto un marito?», rispose una decina di anni fa. Ma torniamo ad Amsterdam attraverso un ritaglio de "La Piccola Italiana", settimanale illustrato, nell'edizione del 30 agosto 1928: «Elegantissime nel loro costumino bianco-azzurro, hanno guadagnato il secondo premio, anzi a giudicare da quanto scritto dai giornali, avrebbero meritato il primo posto se i giudici non si fossero lasciati impressionare dalla musica che aveva accompagnato le altre squadre». Cosa che non avvenne invece per le azzurre. A distanza di anni Carla pensò che fosse giusto così, lei ancora in vita e quattro delle avversarie, ebree, morte nella camera a gas con i figli. E' tutta colpa del Financial Times se la nostra eroina, già riottosa di suo, non ama i giornali e quel che segue. Alla vigilia dei Giochi di Londra andarono a intervistarla. E lei, dopo essere stata dal parrucchiere, vestitasi di tutto punto con i gioielli preferiti, abbozzò perfino un volteggio: «Vi faccio vedere come si fa». Ahilei il quotidiano inglese la ritrasse a tutto tondo mettendo in evidenza le mani: «Troppo raggrinzite, da vecchia». Da quel momento chiuse ogni porta. E guai a chi cercasse di favorirne un incontro. Rifiutò persino l'invito del Cio che la voleva alla cerimonia inaugurale.Chissà quanto ha influito nel suo umore l'omicidio del nipote Luigi, medico, direttore del Policlinico di Milano, ucciso dalla colonna Walter Alasia delle Brigate rosse nel febbraio 1981. Carla, erroneamente nominata Clara nelle cronache dell'epoca, non ama guardarsi indietro e perdersi nella nostalgia. Ma ci sono fatti nella vita di ciascuno di noi che lasciano il segno più di altri.

E l'argento di Amsterdam non è il solo nella storia di questa straordinaria ragazza che ha aperto la strada a tante campionesse azzurre, da Sara Simeoni a Federica Pellegrini, quella che più le assomiglia.

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