Dalla mano de dios all'orgasmo da sogno. Eterno Brasile-Argentina nel nome di Diego

Maradona: "Batterli per la Coppa al Maracanà, che goduria". Il derby del Sudamerica è un festival di sfottò tra Paesi in crisi

Dalla mano de dios all'orgasmo da sogno. Eterno Brasile-Argentina nel nome di Diego

Nostro inviato a Rio de Janeiro
Camminare per la Rio nuvolosa di questi giorni, meglio se sui lungomare di Ipanema o Leblon, significa incontrare soggetti di ogni tipo, improbabili e abbindati e dipinti con tutti i colori delle 31 nazioni ospitate. Poi c'è la trentaduesima, quella verde e oro, che vola più alto. E che viaggia per le strade, dalle discrete bandierine sui tetti delle auto, ai pittoreschi furgoncini che dire scassati è poco, stipati di personaggioni avvolti in bandiere-lenzuoli con inno nazionale a tutto volume. Ed è quando questi incrociano i tifosi con indosso una certa casacca, quella a righe verticali larghe biancocelesti, che si capisce finalmente dove si va a parare in questa Coppa del 2014: quando lo sguardo dei padroni di casa incontra e riconosce quello dei tifosi argentini è tutte le volte un'esplosione di versi, smorfie, gesti, suoni, risa, boccacce, minacce, promesse. Brasile-Argentina. Questa Coppa, qui lo sanno tutti, è solo un pretesto per arrivare all'unica possibile finale resa dei conti.
Maradona, diretto come sa essere, al quotidiano argentino Olè ha ieri detto che il Brasile andrà sicuramente fino in fondo e che l'Argentina ci può arrivare. A quel punto «vincere la finale in Brasile, contro il Brasile, sarebbe come un orgasmo». E Diego sa quello che dice. Per le due nazioni sudamericane la posta in palio è altissima. Per il Brasile la Coppa è una sorta di Santo Graal. E vincerla in casa, dopo averla smarrita nel 1950, fornirebbe la prova che il sangue meticcio di questo Paese è nobile e finalmente pronto per quel benessere promesso da più di 60 anni. Al contrario, una vittoria biancoceleste in casa dei rivali sudamericani avrebbe il significato di dimostrare la propria leadership continentale e, calcisticamente, anche quella mondiale, almeno definitivamente. In altri termini, per entrambe le nazionali, il compito è quello di cancellare una forma di inferiorità secolare e collettiva, assoluta e relativa dei rispettivi popoli. E se questo dovesse avvenire attraverso lo scontro diretto, gli effetti si moltiplicherebbero geometricamente a danno degli sconfitti. Insomma, altro che una partita di calcio.

Per Buenos Aires la sfida è in salita. E non solo sul campo, dove in ogni caso la nazionale di Neymar è la favorita dai bookmakers: 3 a 1 è la sua quota, contro il 4,5 a 1 della squadra di Messi. Sulla carta, in economia, le due nazioni vivono entrambe un momento difficile, ma non paragonabile. Il Brasile delle proteste sociali e degli scioperi, dopo il mondiale ospiterà le prossime Olimpiadi a Rio. La crescita sta rallentando e l'inflazione rischia di andare fuori controllo. Tuttavia la banca mondiale prevede per quest'anno un Pil a +1,5%, +2,7% per il 2015. Prospettive ben superiori a quelle argentine: crescita zero per il 2014, +1,5% l'anno prossimo, sempre che il Paese riesca a superare la pesante crisi finanziaria e valutaria che lo ha colpito e affondato nei primi mesi del 2014. A maggior ragione, dunque, un'affermazione al Maracanà nella finale del 13 luglio darebbe senso alla metafora di Maradona. Il derby è iniziato giovedì, con l'esordio della Seleçao. Bastava leggere, ieri, qualche titolo sui giornali argentini. Dal «Vittoria con furto» di Olé, al «Regalo dell'arbitro» di Clarìn, con tanto di documentazione su come i giornali brasiliani avessero «nascosto sotto il cuscino gli aiuti avuti dall'arbitro giapponese», il signor Nishimura, reo di non avere espulso Neymar per la gomitata volontaria, aver regalato l'inesistente rigore su Fred e aver fischiato una ridicola carica a Julio Cesar. Mentre i commenti dei tifosi verdeoro alle proteste argentine hanno riaperto la polemica della mano de Dios del 1986, quella di Diego Armando «Chera-dona», un gioco di parole con il verbo che in portoghese significa «sniffare». Il derby continua. Prossima partita domani, domenica.

Quando i biancocelesti giocheranno la loro prima, contro la Bosnia, dove il Brasile invece non metterà mai piede a meno che non arrivi fino in finale: al Maracanà, che inaugura i suoi Mondiali proprio con l'Argentina. Chissà se è un caso. Il derby è appena iniziato.

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