Sport

La marcia insegna e un'altra Italia cresce

La marcia insegna e un'altra Italia cresce

Non è strano che vinca Stano. È un campione di un'Italia che semmai è strano ritrovare con tanta puntualità. Lo sport somiglia al Paese e alle sue convulsioni non solo politiche. Trovi un campione ma non sai quanto ti dura. Ce lo ha detto l'atletica, ma anche altri sport e non pensiamo soltanto al calcio. Nella domenica rosso flop Ferrari, ecco l'azzurro di Stano e Musetti che addolcisce il palato. Stano che di nome fa Massimo è un pacchetto credi e vinci. E il suo è un altro oro lucente. Vuole il massimo e ragiona con logica incontrovertibile: se l'ho fatto una volta, perché non poterlo rifare? A Tokyo si è sudato una medaglia per 20 km, qui sono stati 35, molti di più, ma il nostro golden boy trentenne è un atleta completo: conosce la tattica, ha resistenza, perfetto nello stile e non gli manca il senso dello spettacolo. A Tokyo è arrivato con una marcia trionfale facendo inchini ai giapponesi. Stavolta ha fatto inchinare un giapponese al termine di un finale sprint, dove tutti marciavamo con lui. Eppoi è andato a raccogliere il povero avversario deluso e annientato come avesse sbattuto il muso contro un muro. Senso dello sport e della sportività sono stati tutt'uno in quell'attimo. Così umanamente simpatico: uno di noi, non uno sopra di noi. E non è neppur strano che l'Italia abbia ritrovato dopo 19 anni (Gibilisco 2003) un titolo mondiale nell'atletica nel nome di un marciatore. Non c'è stata scuola più credibile e duratura, lo dicono gli ori mondiali che ora sono sei: da Maurizio Damilano 1987 a Ivano Brugnetti 1999. Non è questione di tacco e punta magici, contano preparazione, abnegazione, bravura dei tecnici.

L'Italia chiude a Eugene con un oro e un bronzo: poteva andare peggio. Stefano Mei, presidente federale, è un uomo nato con la camicia. I cinque ori di Tokyo raccontavano di un miracolo più che della bellezza di un movimento. Qui Antonella Palmisano avrebbe forse potuto raddoppiare nella marcia come Stano. Ma il resto ce lo hanno dimostrato gli staffettisti veloci, infilati nel buio di una cattiva forma, di infortuni e divagazioni, di cambi imprecisi, seppur l'attuale leader dovrebbe imparare dal canadese De Grasse cosa significa leadership. Tre quarti posti nelle gare individuali (Tamberi, Fantini e Dallavalle) tengono accesa la fiammella della soddisfazione e della speranza per i prossimi europei. Tortu fuori dalla finale dei 200 per un soffio ci dice arrivederci ad agosto. I quarti posti spesso sono medaglie perse ma quello di Dallavalle nel triplo per sei centimetri (con annesso il 5° posto di Ihemeje) è un invito a credere in una giovane Italia in crescita. Tre staffette su cinque (due rosa e quella mista) ci hanno portato nel girone nobile dei finalisti. Il mondo donna (bronzo della Vallortigara ed altro) ha tenuto botta e solo Stano ha realmente salvato i maschietti. I giovani crescono ma i vecchi non devono mollare. Tutti con Stano, tutti come Stano. Che solo la Tv Usa non doveva aver in simpatia.

Ieri, mentre stava per vincere, in regia si divertivano a divagare su altre figure: nemmeno qualcuno avesse bevuto un bicchiere di troppo.

Commenti