Martinenghi, l'acqua amica. È la prima rana "mondiale"

Da piccolo non voleva entrare in vasca, ora il titolo iridato che mai nessun ranista azzurro aveva vinto prima di lui

Martinenghi, l'acqua amica. È la prima rana "mondiale"

Ha realizzato il suo sogno. Ma ancora non se ne rende conto. Nicolò Martinenghi ha conquistato a Budapest l'oro mondiale nei 100 metri rana e diventa così il primo nuotatore azzurro a riuscirci. Un trionfo meraviglioso, solo sfiorato in passato da altri tre grandi della rana azzurra, Gianni Minervini, Domenico Fioravanti e Fabio Scozzoli, tutti e tre fermatisi all'argento.

Ci ha pensato questo 22enne varesino di Azzate, nato il 1° di agosto (vi ricorda qualcosa?) a sfatare il tabù nella specialità più tecnica del nuoto. Un oro con record italiano, in 58"26, due centesimi meglio del bronzo di Tokyo 2020. E dire che Nicolò da piccolo in acqua neanche ci voleva entrare: «Mi mettevo a piangere». Per fortuna ha cambiato idea. Specializzato nelle brevi distanze della rana, ha un debole per il basket e la squadra della sua città: la Pallacanestro Varese. D'altronde, papà Samuele è un ex cestista che ha giocato in Serie B. «Del basket mi piace il clima di squadra, il fatto di stare con i compagni. Nel nuoto, invece, sono io e basta. Se sbaglio è colpa mia, se vinco è merito mio». E dopo aver imparato l'arte di vincere da Greg Paltrinieri, Fede Pellegrini e Gabry Detti, che proprio nella stessa piscina della capitale magiara si erano laureati campioni del mondo cinque anni fa, ora è toccato a lui. A questo ragazzo sempre con il sorriso, che dopo due bronzi olimpici a Tokyo non è cambiato per nulla. «Rimango il solito Tete (come lo chiamano tutti). In un modo o nell'altro, la sveglia alla mattina suona sempre alle 7.00. Mi alleno, mangio, dormo, mi alleno, mangio e dormo. Fa parte del mio lavoro». Non parlategli, dunque, di rinunce. Quando può, tra una bracciata e l'altra sotto gli occhi di coach Marco Pedoja, il ragazzo cresciuto nel Nuoto Club Brebbia prima di passare al Circolo Canottieri Aniene, adora trascorrere il tempo libero con gli amici e prima di una competizione si concentra ascoltando la musica. Ai blocchi di partenza, però, preferisce il silenzio che lo circonda. La quiete prima della tempesta. «Poi, allo start, calo la maschera e divento un guerriero. E non guardo agli avversari, ma solo a me stesso e alla mia nuotata». Ieri Nicolò si è preso la corona vacante del baronetto Adam Peaty, due ori olimpici e non solo, assente per infortunio. «Un oro mondiale inaspettato. Ero serissimo sul podio? Non sono una persona che esterna molto le sue emozioni». Eppure è sempre il primo a sorridere e scambiare battute con i compagni. Anche se a volte è molto critico «con i ragazzi della mia generazione: per mentalità». Forse è per questo che, a differenza di tanti coetanei, Nicolò non ha tatuaggi: solo un collare d'oro con i cinque cerchi olimpici. «Sentirmi un gioiello? No, è un po' too much, però mi sento un'anima importante di questa Nazionale». Meglio, una certezza.

In questi anni il percorso di Martinenghi non è stato semplice, tra infortuni e prese di decisione forti: come quella di lasciare la divisa da poliziotto per investire su se stesso. Aveva ragione, bisogna dargliene atto.

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