Fu Teofilo Sanson nell'agosto 1978 ad aprire la strada agli sponsor sulle magliette di calcio delle squadre di serie A. Aggirò il regolamento appiccicando il marchio dei gelati sui pantaloncini dell'Udinese. Era nata un'era, sembrava fatta e c'era di che arricchirsi. Dopo anni di opulenza, qui in Italia pare si siano estinti questi sponsor. Ora sono pochi. Resistono quelli tecnici, e per fortuna, altrimenti bisognerebbe dotare di agile cucitrice tutti gli spogliatoi. Dunque, delle due l'una: o cerchi il grande marchio col rischio di non trovarlo o ti tappi il naso e ti fai sponsorizzare, per dire, da «PornHub», come è successo in Inghilterra quest'anno. Figuriamoci.La situazione è questa: in Serie A ben 6 società su 20 hanno la maglietta immacolata, che non è una scelta etica come fece a suo tempo il Barcellona. No, è un'opzione obbligata. Il guaio è che per una serie di ragioni non si inverte la tendenza: l'appeal del campionato è quello che è; l'Italia non è uscita dalla crisi e le dinamiche pubblicitarie sono ostili. Senza main sponsor, oltre a Fiorentina (che ogni tanto piazza gratis il logo di Save the Children), ci sono Genoa, Lazio (nona stagione di fila!), Palermo e Sampdoria. E poi c'è la Roma, una squadra che dovrebbe essere un marchio da esportazione e che invece è praticamente sconosciuta ai mercati internazionali che invece vanno volentieri sulla Juve, sul Milan e sull'Inter. Dopo aver provato a firmare l'accordo con la Turkish Airlines, ora arrivano voci di una possibile partnership con due colossi statunitensi come Google e Microsoft. Roba seria che farebbe fare un clamoroso salto di qualità al merchandising giallorosso. E la Roma ha un maledetto bisogno di farsi notare per non morire. Perché il marchio (e le prestazioni in Champions League) non decollano. Ma James Pallotta pare abbia l'asso nella manica, la soluzione suggestiva per fare proseliti all'estero e non andarsene sbattendo la porta. Perché, in fondo, è un rapporto d'amore mai sbocciato, quello con una grossa fetta della tifoseria romanista. Il presidente italoamericano è accusato di vivere con eccessivo distacco l'ambiente Roma (senza tralasciare la polemica con la Curva Sud, acuitasi con la divisione del settore). Lui si è sempre difeso dicendo che in America sta lavorando sodo per il bene della Roma, per cercare di regalarle un nuovo stadio e prestigiose sponsorizzazioni, eccetera. Eccoci. Grazie a Pallotta da gennaio la Serie A potrebbe annoverare tra gli sponsor il noto marchio del motore di ricerca Google. Sarebbe una novità a livello europeo. E se dovesse fallire anche questa opportunità, pare certo l'accordo con la compagnia aerea Etihad. L'obiettivo è arrivare alla meta entro Natale. Vedremo.Poi, certo, le grane per James non finiscono qui. Pallotta dovrà anche cercare di risolvere le questioni dello stadio (si allungano i tempi per la posa della prima pietra a causa dei costi che aumentano giorno dopo giorno) e di Francesco Totti, l'icona giallorossa in vista del probabile addio. Inoltre dovrà cercare di portare più gente allo stadio.
Lo scorso anno furono incassati sotto questo aspetto ben 43,6 milioni di euro, quest'anno sembra difficile replicare certi numeri dato che si è registrata una perdita media di tremila spettatori a match. A proposito - e visto che ci siamo - è di pochi giorni fa la bella notizia che «Pornhub», l'azienda di cui sopra, cerca ufficialmente una squadra italiana da sponsorizzare. E magari in bella vista. Chi se la sente?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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