È sembrato un banale provvedimento ed è invece l'eccezione che conferma la gravità della situazione. Milan in ritiro da stasera fino a sabato, sera della sfida domestica con il Genoa, passando attraverso il viaggio a Malaga, mercoledì sera in Champions league. In ventisei e passa anni di presidenza Berlusconi siamo semplicemente alla terza ripetizione del provvedimento che ha un sapore amarognolo ma un significato preciso. La società è decisa a chiedere conto della 5ª sconfitta in 8 partite al gruppo squadra, reclamando maggiore tensione e attenzione, magari anche maggiore tempo messo a diposizione del lavoro. Due i precedenti recuperati in archivio: il primo con Liedholm allenatore, nell'86, il secondo con Capello tornato da Madrid dopo aver perso la finale di coppa Italia contro la Lazio e preso 5 "pappine" dalla Roma di Zeman, nel '98. È una scelta che parla più di una lunga intervista di Adriano Galliani ma non si tratta dell'unica clamorosa novità. Nemmeno Allegri può considerarsi al sicuro. La sua frase («il mio mandato è nelle mani della società») è il sipario tirato via: inutile far finta di niente dinanzi alle cifre e alla classifica che non è più solo deprimente ma è diventata inquietante, preoccupante, molto preoccupante.
Le colpe di Allegri. Cambiare inquilino sulla panchina del Milan è l'ultimo dei provvedimenti che Berlusconi e Galliani vorrebbero adottare. Non c'è in circolazione un mago capace, con la bacchetta, di trasformare un gruppo impaurito e dal mediocre rendimento, in una squadra dal futuro roseo. Eppure Allegri ha colpe effettive da confessare. Eccole in sintesi: 1) cambiare ripetutamente sistema di gioco; 2) cambiare l'allestimento della difesa; 3) tenere fuori posizione Montolivo; 4) insistere con taluni esponenti dalla rosa sprofondata sotto il livello di guardia (Boateng e Nocerino). Alle spalle di Allegri al momento c'è solo la sagoma di Tassotti, uno che conosce alla perfezione ambiente e problemi. Ma solo un esterno, di carisma provato, può provocare lo choc di cui avrebbe eventualmente bisogno Milanello.
Le colpe dei giocatori. La rottura con gli ultrà, da sempre al loro fianco, è l'ennesimo segnale della gravità del momento. Alcune spiegazioni fornite poi dai diretti interessati agli errori individuali commessi all'Olimpico sono la conferma della loro inadeguatezza al ruolo e anche alla maglia. Prendete Amelia, sostituto di Abbiati: «Quando uno gioca poco, può capitare di non avere occhio» ( a proposito del gol di Candreva). Prendete Bonera: «Forse con i due centrocampisti davanti alla difesa, ci sentiamo più protetti». Cosa c'entra lo schieramento col fatto che lui scivola dinanzi alla finta di Hernanes? C'è anche la resa degli esponenti che avrebbero dovuto rimpiazzare Thiago e Ibra. Per esempio Boateng, motivato con la maglia numero 10. È dall'inizio della stagione che gira a vuoto. Per esempio Robinho, ancora fuori per doppio accidente muscolare. Per esempio Nocerino che ha preso di mira la critica invece che se stesso. Per esempio Abate che è una sbiadita controfigura del terzino rampante finito in Nazionale. Boateng rimarrà fuori, adesso, per qualche turno. Montolivo sarà sistemato al suo posto, vicino alla porta, e dietro la prima punta. Il sistema di gioco più affidabile, il 4-2-3-1, non sarà più accantonato. E in difesa c'è l'esigenza di rinforzare gli ormeggi "battezzando" una coppia centrale di maggior affidamento. Se il futuro dev'essere la gioventù, allora anche per rimpiazzare Abbiati si può puntare sul giovane Gabriel, così come su Acerbi, meritevole di un briciolo di maggiore attenzione.
Le colpe della società. Il peccato originale è uno: aver improvvisato il risanamento economico a metà luglio collezionando in una sola estate tutte le scelte che di solito vengono diluite in più anni.
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