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Milan, frenata e rinnovi. Pioli deve rifare i conti per andare in Champions

La flessione in campo e i casi Donnarumma Ibra e Calhanoglu. Il tecnico: "Servono 80 punti"

Milan, frenata e rinnovi. Pioli deve rifare i conti per andare in Champions

Dev'essere stata una settimana di contrizione, quella vissuta a Milanello. Il pari, rimediato nei minuti finali con la Samp, non ha solo rallentato la corsa in classifica ma ingigantito i sospetti di un inesorabile declino. «Apprezzo il clima di questi giorni: siamo stati molto delusi, abbiamo valutato e capito gli errori commessi, da non ripetere» è la confessione di Stefano Pioli che ha anche provveduto a ritoccare i calcoli fatti una settimana prima. Allora ipotizzò i 75 punti come soglia utile per conquistare la Champions, ieri ha alzato l'asticella a dimostrazione del terreno perso con il mancato successo su Ranieri. «Basta guardare indietro, conta solo Parma, rivale complicato da affrontare. Dobbiamo alzare la media punti per arrivare attorno agli 80 per conquistare il posto in Champions che è il nostro dichiarato obiettivo» la correzione firmata dal tecnico rossonero che sta lentamente recuperando tutti i disponibili (solo Calabria, Romagnoli e D. Maldini sono rimasti a casa). E qui, sul punto, è subito spuntata la polemica a proposito del traguardo ridimensionato adesso che l'Inter è lontana 11 punti.

«A dire il vero la parola scudetto non è mai uscita da noi» è la risposta di Pioli. Per amore di precisione, è stato un sostantivo sventolato, nei giorni spensierati da capolista e in quelli successivi, qualche volta da Ibra, qualche altra volta da Kjaer con l'intento didascalico di moltiplicare le motivazioni dei giovani sodali, mai un dichiarato piano di società o staff tecnico. Sapevano benissimo, da Gazidis a Maldini fino a Pioli, di non essere attrezzati come Juve, Inter e forse anche Napoli.

Al clima della settimana da mea culpa deve anche aver contribuito la bolla di pericolosa incertezza che avvolge da mesi ormai il destino dei contratti di Donnarumma e Calhanoglu. Sul tema, Pioli che ha sempre tenuto un atteggiamento molto defilato lasciando la responsabilità politica e gestionale dei casi all'azionista e a Maldini-Massara, è pronto a giurare. «Li vedo molto sereni e concentrati, abbiamo tutti un unico obiettivo, riportare il Milan in Champions (assente dal 2014, ndr). Non siamo ancora un gruppo vincente, ma stiamo combattendo per diventarlo» il suo incoraggiamento.

Senza scegliere tra giochisti e risultatisti, il nuovo dibattito di panna montata aperto dalle critiche estetiche al calcio di Conte. «Ogni squadra ha una propria identità» la verità molto semplice declinata da Pioli e perciò poco frequentata da chi non ha ancora capito che non esiste una sola strada per accedere al successo. Così alla fine, prima di spegnere il microfono e mettersi in viaggio per casa (Pioli è di Parma dove cominciò la carriera da calciatore), la sua ultima analisi è quella che conta.

«Stiamo mancando nell'ultimo quarto di campo, nell'ultimo passaggio» è la sua critica che chiama in causa i tre che giocano dietro Ibra, rimasto a secco di palloni utili contro la Samp.

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